Il 22 gennaio 1933, al teatro Augusteo di Roma, viene eseguita la rapsodia ebraica di Ernst Bloch, Schelomo. Si tratta di un evento unico nella storia del capolavoro: suonano, per la prima e ultima volta assieme, l'autore e il violoncellista Aleksandr Barjanskij che l'opera aveva ispirato. Per l'occasione Bloch redige brevi note da accludere al programma di sala, in cui ripercorre la genesi del testo. Era la fine del 1915, si trovava a Ginevra, da anni tentava di mettere in musica il libro dell'Ecclesiaste, senza riuscirvi. È allora che incontra due giovani emigrati russi, Aleksandr ed Ekaterina Barjanskie. Violoncellista lui, scultrice lei, entrambi originari di Odessa, entrambi approdati in Europa non per ragioni politiche ma per perfezionarvi la propria formazione. "Sentii suonare Barjanskij e subito diventammo amici" ricorda Bloch. Il talento del "meraviglioso" musicista lo colpisce a tal punto da indurlo a creare un'opera per una "voce più profonda di tutti i linguaggi parlati, quella del suo violoncello": le barriere della parola vengono superate dalla musica.
"Suonai loro le mie partiture manoscritte, Poemi ebraici, Israel, Salmi, tutte inedite e delle quali nessuno si curava. I Barjansky furono profondamente commossi e colpiti: mentre suonavo, la signora Barjansky, che mi aveva chiesto un foglio e una matita, schizzava una piccola statua: "La ringrazierò in scultura", mi disse. Finalmente, nella mia terribile solitudine artistica, avevo incontrato amici veri e ardenti" (programma di Sala del concerto, stagione 1932-1933).
Mostra personale di Natal'ja Kahl presso Casa d'Artisti di Milano. La Galleria dell'Arte di via Borgospesso 12 a Milano ospita una personale di Pavel Trubeckoj, con quaranta sculture.
La Galleria Scopinich di Milano ospita una mostra personale di Gregorij Šil'tjan. Così lo stesso artista descrive l'insperato incontro con il proprietario della galleria, Luigi Scopinich:
"Passando per la vecchia, armoniosa e silenziosa via Sant'Andrea, vidi la targa appesa sul portone della Galleria Skopinic. Entrai. [...] Chiesi del proprietario e mi venne incontro Skopinic in persona, uomo molto affabile, di grande cultura, pittore egli stesso, dal quale appresi con meraviglia e gradevole stupore che mi conosceva di nome, fin dal mio Guitarrero apparso alla Biennale di Venezia. Ma ciò che mi rallegrò maggiormente fu che Skopinic si interessò moltissimo della mia pittura e accettò di fare una mia personale" (G. Sciltian, Mia avventura, Milano, Rizzoli, 1963, pp. 402-403).
La mostra chiude con un bilancio positivo: ottime recensioni, quattro opere vendute e la decisione di Šil'tjan di tentare la fortuna a Milano.