Nel dossier n. 1 del Fondo Chapovalenko sono raccolte 219 lettere di Sergej Lifar', sistemate in ordine cronologico. Le prime 19 riguardano gli anni 1960-1968, seguono 133 lettere relative agli anni 1973-1979 e infine 61 lettere degli anni 1980 e 1981. Tutte le lettere sono state datate da Lifar’ e indicano sempre il luogo da cui sono state spedite. In linea di massima riguardano il periodo in cui Lifar’ non è più al Teatro dell’Opéra di Parigi. La sua esclusione dalla troupe e la separazione dalla sua “creatura” – il balletto neoclassico a Parigi – accomunano come un filo rosso quasi tutte le lettere inviate a Chapowalenko. Dalla corrispondenza non emerge con chiarezza, perché Lifar’ sia stato allontanato dal balletto francese.
Un motivo ricorrente è l’amarezza per il sentirsi sempre più emarginato dall’ambiente della danza. Il risentimento nei confronti della direzione del teatro e della Francia si acuiscono in modo particolare nel 1979, quando in occasione del cinquantenario della morte di
Djagilev, Lifar’ non è invitato né all’Opéra né allа inaugurazione della mostra alla Biblioteca Nazionale. Al racconto dell’ennesima offesa subita dallа “ingrata” Francia seguono le lettere in cui ricorrono i ricordi dell’attività artistica e delle collaborazioni con personaggi famosi del balletto russo: Sergej Djagilev,
Igor’ Stravinskij,
Sergej Prokof’ev,
Aleksandr Benua,
Leon Bakst,
Tamara Karsavina,
Ol’ga Spesivceva,
Anna Pavlova. Purtroppo queste lettere di carattere memorialistico non contengono molte informazioni, Lifar’ tende piuttosto a riproporvi un elenco dei propri meriti e a ripetere in diverse varianti gli stessi pensieri, fatti, sgarbi e nomi.
Preziose per gli storici del balletto sono le lettere, in cui Lifar’ esprime le proprie valutazioni sulle coreografie dell’epoca e sugli artisti del balletto; anche qui non mancano le recriminazioni sull’utilizzo di invenzioni sceniche e coreografiche, da lui escogitate. In alcune lettere illustra il lavoro svolto all’Università della danza di Parigi e all’Istituto di coreografia dell’Opéra e alla Sorbonne, mentre in altre fa riferimento alle coreografie realizzate negli anni Sessanta e Settanta in numerosi paesi, tra cui Stati Uniti, Venezuela, Scandinavia, Giappone. Ricaviamo dettagliate informazioni sul lavoro svolto con la troupe di Monte Carlo, da lui creata nel dopoguerra e a cui ritorna negli anni Settanta.
Interessanti sono le lettere in cui l’artista racconta i suoi viaggi in Russia e i contatti con il mondo artistico russo. I rapporti con gli emigrati sono spesso difficili. Lifar’ detesta
Boris Kochno, l’ultimo segretario di Djagilev, al quale rimprovera di aver diffuso sul suo conto voci calunniose, che hanno condotto la società francese a credere che fosse stato un collaborazionista nella Francia occupata e avesse appoggiato Hitler. Si difende energicamente da questa accusa e a riprova della propria innocenza racconta di aver aiutato gli ebrei della sua troupe. Come giustificazione per non aver partecipato alla Resistenza e aver continuato a lavorare nella Francia occupata adduce il suo desiderio di salvare l’arte del balletto e i tesori del Teatro dell’Opéra. Dalle lettere degli ultimi anni emerge il rancore nei confronti di George Balanchine, che si rifiuta di incontrare il collega e amico di un tempo; un atteggiamento che rende ancor più furente Lifar’ e lo induce a definire Balanchine decrepito, ormai in via di esaurimento sia fisico che artistico. Spesso i giudizi sui colleghi russi sono negativi. Non viene certo sminuita la professionalità di
Nižinskij o di
Mjasin, tuttavia del primo sottolinea la malattia mentale e del secondo una certa mancanza di originalità. Non vengono risparmiati neppure i russi di più recente emigrazione come Rudolf Nureev, né le regie del coreografo Jurij Grigorovič. L’unico ballerino russo contemporaneo a guadagnarsi il giudizio positivo di Lifar’ per la tecnica e il talento è Michail Baryšnikov.
Neanche
Ida Rubinštejn e Isadora Duncan sfuggono al sarcasmo di Lifar’. Il giudizio negativo su Galina Ulanova è dettato dalla convinzione che la ballerina abbia contribuito a mandare in fumo il viaggio di Lifar’ in Russia, dove il coreografo, in occasione di un incontro nel 1976 a Mosca, aveva ricevuto da Grigorovič l’invito a mettere in scena al Teatro Bol’šoj i suoi balletti. Lifar’ modifica l’atteggiamento nei confronti di Ulanova, quando viene a sapere che il suo viaggio era stato ostacolato da Suslov e dal ministro della cultura Demičev. Il carteggio fornisce informazioni su una serie di figure significative della cultura russa come per esempio Dmitrij Šostakovič, di cui si ricorda l’elezione a membro onorario dell’Institut de France oppure la partecipazione di Lifar’ ai funerali di Tamara Karsavina a Londra.
Alcune lettere riportano i giudizi sul mondo della danza a lui contemporaneo. Lifar’ si esprime in termini estremamente negativi nei confronti del balletto francese e critica duramente le creazioni di Maurice Béjart.
Alcune missive permettono di seguire il destino della straordinaria collezione di ritratti russi, partiture e autografi, in particolare dodici lettere di Puškin a N. N. Gončarova, ereditate da Djagilev. Lifar’, dopo una viaggio in Russia nel 1961, decide di donare i preziosi materiali alla sua terra d’origine, ma negli anni Settanta, deluso dal mancato invito al Bol’šoj, interrompe il suo progetto. I rappresentanti del Puškinskij Dom acquistano le lettere di Puškin a Natal’ja Gončarova a un’asta nel 1989, dopo la morte di Lifar’, dalla vedova Lillan d’Ahlefeldt. In altre lettere leggiamo le vicende inerenti alla vendita della preziosa collezione di libri di Djagilev-Lifar’, che raccoglieva edizioni rarissime sia russe che straniere.
Nelle lettere degli anni Ottanta spiccano alcune idee eccentriche di Lifar’, come per esempio la richiesta di essere sepolto assolutamente non accanto a Djagilev e in posizione verticale come seppellivano nell’antichità i santi-stiliti nella sua città natale, a Kiev.
Il legame di Lifar’ con l’Italia è noto: egli usava trascorrere ogni estate due o tre settimane a Venezia, dove il 15 agosto commemorava Djagilev al
cimitero di San Michele. Nel dossier sono conservati due testi su Venezia, dove il coreografo manifesta il suo amore per la città lagunare. Tuttavia dal carteggio emergono poche informazioni relative ai suoi contatti con il mondo italiano; si parla della messa in scena di un balletto di
Fokin alla
Scala di Milano (lettera del 20 dicembre 1962), del fatto che assisterà a un suo balletto a Reggio Emilia (lettera del 6 febbraio 1973), di una mostra dei suoi lavori a Firenze e a Venezia (lettera del 21 maggio 1974) e dei festeggiamenti organizzati a Venezia in suo onore (lettera del 18 luglio 1976).