Ricordo sempre, con un piacere particolare, quella primavera a Roma, città che io vedevo per la prima volta. Nonostante il mio assiduo lavoro all'Albergo Italia dove abitavo con Benois e il pittore russo Serov, al quale fui legato da un sincero affetto, trovammo il tempo per fare delle passeggiate molto istruttive per me. Istruttive perché – in compagnia di Benois, eruditissimo, conoscitore d'arte e di storia e capace di evocare le epoche trascorse nel modo più vivo – queste passeggiate erano per me una vera scuola che mi appassionava grandemente (Strawinsky 1947, p. 73).
Il viaggio inaugura il rapporto privilegiato che Stravinskij intreccia con Roma e con l'Italia, quasi che l'Italia fosse una patria dell'anima dove concretamente il compositore non ha mai soggiornato a lungo, ma alla quale è rimasto legato tutta la vita tanto da chiedere, come Djagilev, di essere sepolto nel cimitero veneziano di San Michele.
Torna a Roma nella primavera del 1913. In quell'occasione Marinetti conduce i due artisti russi nello studio di Carrà a via della Pace. Djagilev vuole chiedere a Carrà di dipingere alcuni bozzetti per la stagione successiva. Di quell'incontro, l'artista romano ricorda: "Vedendo le mie pitture Strawinsky si compiacque e mi disse che pur in due campi diversi le nostre ricerche erano parallele" (Carrà 1943, p. 180).
A Petruška segue Vesna svjašennaja [La sagra della primavera], la cui prima parigina il 29 maggio 1913 suscita scalpore e meraviglia per il linguaggio musicale radicalmente innovativo e per la rottura con la tradizione, sia sul piano musicale che su quello coreografico. E più tardi, quando la controversa opera di Stravinskij giunge sulla scena italiana, i giudizi non mutano: "a parte alcune sonorità a cui i nostri orecchi si abitueranno molto presto, il concetto, la linea direttiva della composizione è assai semplice, anzi rudimentale" [«L'Epoca», 28 febbraio 1923, p. 3].
Allo scoppio della prima guerra mondiale si trasferisce con la famiglia in Svizzera e nell'autunno raggiunge Djagilev a Firenze, dove rimane 15 giorni per stare vicino all'amico e per discutere dei nuovi progetti. Torna a Roma nel gennaio 1915, "nei giorni del terribile terremoto di Avezzano" (Strawinsky 1947, p. 100), alloggia nell'appartamento di Djagilev e incontra lì anche Sergej Prokof'ev che Djagilev aveva invitato direttamente dalla Russia. Il 14 febbraio al Teatro Costanzi assiste alla prima italiana di Petruška per la direzione musicale di Alfredo Casella.
L'Italia acquista significato anche per il legame d'amicizia che Stravinskij stringe con i futuristi italiani, da lui ritenuti "assurdi, ma in modo simpatico": Giacomo Balla, Umberto Boccioni e Filippo Tommaso Marinetti, "una vera balalajka" – ricorderà poi affettuosamente – "un chiacchierone instancabile, ma anche il più gentile degli uomini" (Stravinsky 1977, p. 65). L'intesa creativa si concretizza a Milano alla fine dell'anno con 3 serate a casa Marinetti, la Ca' Rossa in Corso Venezia: nel "salotto orientale del vate egizio", tra "ninnoli" e "grossi insetti elettrici" attaccati ai muri (Cangiullo 1930, p. 232), sfilano i volti di Carrà, Boccioni, Mjasin, Prokof'ev, il pianista russo Kpzy, Buzzi, Cangiullo, Růžena Zátková, i fratelli Russolo e il duca Visconti di Modrone, direttore della Scala di Milano. Ricorda Francesco Cangiullo:
La sera c'era grande adunata di musica futurista nel salotto di Marinetti, alla quale rispondevano presente: Luigi Russolo, inventore degli intonarumori; Balilla Pratella e Igor Strawinsky venuto espressamente da Lucerna, assieme al Direttore dei Balli Russi, il principe de Diaghilew, a Massine, primo ballerino, e ad un prodigioso giovanissimo pianista di Pietrogrado, di cui non saprei ricostruire il nome; ma con 2 f, 3 k, 1 w e 1 z forse me la caverei, mancherebbe soltanto una y... [Cangiullo 130, p. 227].
Nella prima sera Il teatro della luna spettatrice. La seconda sera Stravinskij "come un ossesso indiavolato" (Cangiullo 1930, p. 234) e Kpzy suonano a quattro mani l'Uccello di fuoco, Pratella esegue brani dell'Aviatore d'oro. La terza sera è la volta di un concerto improvvisato con i rumoristi. Stravinskij e Djagilev sono molto interessati all'intonarumori di Russolo: all'avvio del marchingegno, Stravinskij "schizzò emettendo un sibilo di gioia", avvicinandosi "con le dita avide" al pianoforte, mentre Leonid Mjasin "muoveva le gambe del mestiere" (Cangiullo 1930, p. 232).
Se Stravinskij è legato a Roma, un ruolo cruciale nella sua vita riveste anche Milano come ricorda lo stesso compositore che, al principio degli anni Dieci, si era trasferito con la famiglia in Svizzera, a Clarens:
Milano era per la Svizzera quello che Hollywood è per queste colline, tranne che allora prendere il treno per scendere nella città italiana per una rappresentazione serale era più facile di quanto oggi sia l'andare in automobile giù fino a Los Angeles (Stravinsky 1977, pp. 64-65).
L'improvvisazione si trasforma presto in progetto comune per diversi lavori. Sul finire del 1916 Depero prepara le scenografie e i costumi per Il canto dell'usignolo e vengono presi accordi con Balla per la scenografia di Fuoco d'artificio in programma a Roma per l'anno successivo.
Giacomo Balla è uno dei futuristi che più è rimasto nel cuore di Stravinskij:
"Balla era sempre divertente e sempre piacevole; alcune delle ore più strambe della mia vita le passai proprio con lui in compagnia dei suoi accoliti futuristi" (Stravinsky 1977, p. 64).
La loro amicizia si rafforza proprio nei mesi che precedono lo spettacolo, quando Stravinskij si reca spesso a casa di Balla vicino allo zoo.
Il 12 aprile 1917 si svolge al teatro Costanzi la prima di Fuoco d'artificio, con la direzione di Stravinskij, le scenografie di Balla e la regia di Djagilev, preannunciata da una serie di eventi "russi" nello stesso teatro romano: l'esposizione dei quadri di Mjasin e la rappresentazione de L'uccello di fuoco con le coreografie di Fokin, le scenografie di Bakst, la straordinaria interpretazione di L. Lopokova (L'uccello di fuoco) e di Mjasin (Il principe Ivan).
La mostra dei capolavori di Mjasin – lavori di Bakst, Picasso, Balla, Larionov – è un'occasione per presentare gli spettacoli in calendario per la settimana dei Balletti Russi e di Stravinskij:
Il Comitato d'azione della ‘Società Nazionale di musica' prega i cultori ed ammiratori di codesta arte modernissima, per mezzo della stampa, di intervenire al ricevimento che verrà dato in onore dei "Balli russi", martedì 10 aprile alle ore 16 precise, nella Sala del Teatro Costanzi, nella esposizione dei quadri appartenenti al coreografo Leonida Massin. Durante il ricevimento verranno eseguiti un brano sinfonico del ballo ‘Petroushka', il poema ‘Fuochi d'artificio' e la apoteosi del ballo ‘Oiseau de Feu' di Igor Strawinsky, il quale dirigerà personalmente l'esecuzione [«L'idea Nazionale», 10 aprile 1917 p. 2].
Per quanto riguarda l'Uccello di fuoco, l'opera e il felice connubio tra la musica di Stravinskij e la sua resa "plastica" realizzata da Balla sembrano precorrere i tempi, laddove continuano a riscuotere favore i protagonisti dei Balletti russi, come dimostra una delle recensioni:
Dopo Petrusca il maestro Stravinschi in persona prese la bacchetta per dirigere il suo Fuoco d'artificio. I frequentatori dell'Augusteo, avevano già giudicato questo pezzo per quello che è: e cioè un brano musicale puramente esteriore che vorrebbe avere una sua vita e non l'ha, una sua ragione e non l'ha, ed ha semplicemente un titolo e delle combinazioni orchestrali. Non era quindi una novità nemmeno nel senso teatrale. La novità era invece sul palcoscenico dove il pittore futurista Balla aveva illustrato plasticamente la musica dello Stravinschi. Ora questa illustrazione plastica, che ha sollevato ilarità nel pubblico ma non contrasti violenti come forse avrebbero sperato coloro che applaudivano, non è riuscita affatto una rivelazione d'arte e tanto meno una battaglia d'arte. Per fare una combinazione di luci azzurre, rosse, viola, verdi non occorreva davvero la fantasia futurista. Qualunque macchinista di teatro, modestamente esperto di tastiere elettriche riesce a far questo ed altro [...]. E il futurismo tentò di mandare a male la deliziosa novità di iersera, Le donne di buon umore, balletto composto con gusto squisito dal maestro Tommasini, traendo l'azione dalla commedia goldoniana e la musica da composizione di Domenico Scarlatti. Ma non ci riuscì, fortunatamente. Perché appena aperto il sipario sulla scena sommaria e sgorbiosa ideata dal pittore Bakst ed eseguita dal futurista Socrate, il pubblico non seppe contenere un giusto moto di dispetto e d'impazienza. Ma poi, continuando la trama fine, chiara, cristallina della musica scarlattiana e iniziandosi l'azione resa con eccezionale ed originale gusto di caricatura dai ballerini e dalle ballerine – squisita invenzione del coreografo Massine – il pubblico non ha voluto più occuparsi di questa brutta scena che tuttavia ha pesato colle sue assurdità di cattivo gusto sul quadro settecentesco cui il Bakst ha invece dato costumi veramente sfolgoranti [...]. Il coreografo Massine, il Cecchetti, la Lopukova, la bravissima Cerniceva, furono applaudite, come del resto durante tutto lo spettacolo che si chiuse col quadro del Sole di notte, già dato lunedì sera [Passatismo e futurismo nei balletti russi al Costanzi 1917, p. 3].
Il 1917 italiano porta a Stravinskij una serie di incontri importanti sia per la sua vita sia per la sua opera, come quello con Pablo Picasso – visto di sfuggita qualche anno prima – e Jean Cocteau con i quali collaborerà negli anni successivi per Pulcinella (1920) e Oedipus Rex (1927). Racconta Stravinskij a proposito di uno spettacolo di beneficenza per la Croce Rossa organizzato al Costanzi di Roma, a ridosso della Rivoluzione:
Si era all'indomani della Rivoluzione russa di febbraio. Lo Zar aveva da poco abdicato, e a capo della Russia si trovava un governo provvisorio. In tempi normali, uno spettacolo di gala russo avrebbe dovuto essere aperto dall'inno nazionale, ma in quel momento sarebbe stato fuori posto cantare: Dio protegga lo Zar. Bisognava trovare qualche cosa di diverso. Allora Diaghilev pensò di aprire lo spettacolo con un canto popolare russo. Scelse il famoso Canto dei battellieri del Volga. Ma bisognava eseguirlo in orchestra e mancava la strumentazione. Diaghilev mi supplicò di occuparmene d'urgenza. Dovetti prestarmi e, durante tutta la notte precedente il giorno dello spettacolo, seduto al pianoforte nell'appartamento di Lord Berners feci la strumentazione di questo canto per un'orchestra di fiati e la dettai, accordo per accordo, intervallo per intervallo, ad Ansermet, che la metteva in partitura (Strawinsky 1947, p. 113).
Seguendo i Ballets Russes nella loro tournée, in compagnia di Cangiullo, Djagilev, Prokof'ev, Mjasin e Picasso, Stravinskij si reca a Napoli dove è molto colpito dalla commedia dell'arte, "che vedemmo in un'affollatissima saletta che puzzava d'aglio" [Stravinsky 1977, p. 74]. Il compositore ricorda il tempo lieto trascorso nella città partenopea insieme a Picasso:
Approfittavo dei miei ozi per visitare la città, per lo più in compagnia di Picasso [...] appassionati entrambi di vecchi guazzi napoletani, durante le nostre frequenti passeggiate, facevamo delle vere razzie in tutte le piccole botteghe e presso i rigattieri [Strawinsky 1947, p. 115].
Sulla via del ritorno passa a Roma da dove riporterà con sé il famoso ritratto disegnato da Picasso, a causa del quale è trattenuto per 24 ore alla dogana di Chiasso, mentre la tela viene inviata tempo dopo a Parigi in una valigia diplomatica.
Nel 1920 si trasferisce a Parigi ma, come testimoniato anche dai documenti conservati all'Archivio Centrale di Stato, non rinuncia ad una serie di concerti in Italia: se la sua collaborazione con i futuristi si dirada, il suo rapporto con l'Italia rimane una costante della sua esistenza.
Al 1925 risale anche la sua prima serie di concerti negli Stati Uniti, paese che poi lo ospiterà a partire dal 1940 quando Stravinskij e Vera – che proprio in quell'anno diventa sua moglie – lasciano l'Europa. Di ritorno dal nuovo continente intraprende una tournée europea che lo riporterà nuovamente a Roma per un festival all'Augusteo, dove si esibisce insieme a Molinari e a Vera Janacopoulos. Nell'aprile 1925 è nuovamente a Roma dove dirige un concerto all'Augusteo e il 25 aprile 1925, "ribelle" ed "elegante", dirige un concerto "con grande successo" a Santa Cecilia (A.G. 1925, p. 3). Il 29 aprile 1925 assiste alla messinscena della Storia del soldato al Teatro d'arte di Pirandello: tra gli interpreti Mario Bettini (Il soldato), Arnaldo Montecchi (Il diavolo) e la danzatrice Raissa Lork (la principessa).
Nel 1925 in occasione del Festival della Società Internazionale per la Musica Contemporanea è ospite a Venezia della principessa Edmond de Polignac (Singer), eseguendo al Teatro La Fenice (8 settembre) la Sonata al pianoforte.
Nel 1926 in occasione del 700 anniversario della morte di San Francesco compone il Pater Noster eseguito a Padova. Si reca poi a Milano dove conosce Arturo Toscanini che deve dirigere alcuni suoi lavori. Dello storico incontro è lo stesso Stravinskij a fornirci un ricordo:
Toscanini mi accolse nel modo più cortese. Convocò i cori e mi pregò di accompagnarli al pianoforte e di dare loro le indicazioni che ritenevo necessarie. Fui colpito dal fatto che il maestro conosceva profondamente, nei più piccoli particolari, la mia partitura, e dal modo minuzioso con cui egli studiava le opere che doveva eseguire [Strawinsky 1947, pp. 188-189].
La vicenda delle opere milanesi per la direzione di Toscanini si tinge di giallo quando la partitura d'orchestra di Rossignol viene sottratta in un momento di pausa nel corso delle prove:
A Vienna avevo letto nei giornali la notizia che la partitura d'orchestra del Rossignol era scomparsa, in modo misterioso, dalle sale di prove di Toscanini [...]. Furono tosto ordinate delle ricerche e finalmente la si trovò nel negozio di un antiquario che l'aveva acquistata da uno sconosciuto (Strawinsky 1947, p. 188).
Dopo l'incontro con il maestro italiano, Stravinskij fa ritorno a Nizza, ma viene subito richiamato a Milano, dove un malore ha colpito Toscanini, per dirigere egli stesso Petruška (9 maggio) e Rossignol (14 maggio):
Lieto di sapere che la mia opera era tra le mani di questo grande maestro, rientrai a Nizza. Ed ecco che, un mese dopo, ricevo un telegramma della Scala in cui mi si comunica che Toscanini è ammalato e mi si chiede di dirigere io stesso gli spettacoli [Strawinsky 1947, p. 190].
Il 5 aprile 1928 giunge a Roma proveniente da Nizza e si stabilisce all'Hotel Plaza. Il 7 aprile (con replica il 10 aprile) 1928 al teatro Reale dell'Opera – ex Costanzi – dirige Le Rossignol nella sua prima romana. Nella stessa serata si esibiscono Ileana Leonidoff (nome d'arte di Elena Pisarevskaja) e Dmitrij Rostov in La Giara di Pirandello.
Nella primavera 1932 è nuovamente a Venezia, dove sabato 19 marzo gli è affidata la direzione dell'orchestra veneziana (Petruška, suite; Scherzo fantastico; Otto pezzi facili; L'uccello di fuoco, suite), mentre l'anno successivo intraprende una nuova tournée europea che lo porta a Milano, a Torino e a Roma, Firenze. Scrive Stravinskij rammentando queste date italiane:
I miei soggiorni nelle città italiane mi hanno lasciato un ricordo particolarmente piacevole. Ritorno con vivissimo piacere in Italia, un paese per il quale sento la più sincera ammirazione. Questo sentimento non ha fatto che aumentare in vista del notevole sforzo di rigenerazione nel campo della musica che ho potuto constatare dirigendo opere mie, tra l'altro la Symphonie de Psaumes, con l'orchestra della Radio di Torino, nuova organizzazione di primissimo ordine [Strawinsky 1947, p. 241].
Torna ancora a Venezia nel 1934 per il Terzo Festival Internazionale della musica e l'11 settembre dirige l'orchestra in cui suo figlio, Svjatoslav Soulima, è solista al pianoforte.
Nel 1935 si esibisce a Bologna e a Roma, dove viene ricevuto da Benito Mussolini. La tournée italiana del 1938 è interrotta dalla morte della secondogenita Ludmilla, ma riprende l'anno successivo quando Stravinskij è a Firenze con Petruška e a Milano con Card Party (7 giugno). Sono gli ultimi appuntamenti che il maestro ha con l'Italia prima di lasciare il vecchio continente allo scoppio del secondo conflitto mondiale.
Stravinskij tornerà in Europa e in Italia nel 1951, toccando le città di Napoli, Milano e Venezia dove, alla Fenice, l'11 settembre, nella cornice del XIV Festival Internazionale di musica contemporanea, ha luogo la prima mondiale di The Rake's Progress (ripetuta il 13 e 14 dello stesso mese).
Nel 1955 e nel 1956 per il Festival di Musica Contemporanea dirige la prima del Canticum Sacrum presso San Marco e poi, nel 1957, lavora all'opera dodecafonica Threni, presentata il 23 settembre 1958 a San Rocco a Venezia. Il 22 ottobre 1959 è al Teatro comunale di Bologna con Apollon Musagète e Pulcinella, mentre torna nuovamente a Venezia il 27 settembre 1960 a Palazzo Ducale, esibendosi con il discepolo e amico Robert Craft nell'ambito del XXIII Festival Internazionale di Musica Contemporanea.
Nel giugno 1962 è invece a Roma. Questo è un anno particolarissimo per il compositore che visita l'Unione sovietica dopo circa 50 anni di lontananza. Seguono ancora soggiorni in Italia e concerti: Milano (giugno 1963), Roma, Palermo (novembre 1963). L'ultimo viaggio in Italia nel 1965 – se si esclude quello che lo porterà al cimitero di San Michele – lo vede in quella stessa Roma dove si era recato nel 1911: è l'ultima volta che Stravinskij visita la città eterna.
Pubblicazioni
Poétique musicale, Paris, Plon, 1945 (trad. it. Poetica della musica, Milano, Curci, 1954).
Chroniques de ma vie, Paris, Denoël-Gonthier, 1935-1936 (trad. it. I. Strawinsky, Cronache della mia vita, Milano, Minuziano, 1947; Milano, Feltrinelli, 1979).
Conversation with Igor Stravinsky (con Robert Craft) Doubleday, 1959 (trad. it. I. Stravinsky, R. Craft, Conversazioni con Stravinsky, in Colloqui con Stravinsky, Torino, Einaudi, 1977).
Memories and Commentaries, (con Robert Craft), New York, Doubleday, 1960 (trad. it. Ricordi e Commenti, in Colloqui con Stravinsky, cit.).
Expositions and Developments (con Robert Craft) New York, Doubleday, 1962, (trad. it. Esposizioni e sviluppi, in Colloqui con Stravinsky, cit.).
Dialogues and Diary, New York, Doubleday, 1963.
Themes and Episodes, New York, Knopf, 1966.
Retrospectives and a Conclusion, New York, Knopf, 1969.
Stravinsky: Selected Correspondence, 3 voll., ed. by Robert Craft, Faber, London 1982, 1984, 1985.
Bibliografia
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V. Frajese, Dal Costanzi all'Opera: cronache, recensioni e documenti in 4 volumi, Roma 1977-1978.
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M. Labroda, L'"Usignolo" di Strawinski e "La Giara" di Casella al Teatro Reale dell'Opera, «Il Tevere», 9 aprile 1928 p. 3.
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Русское присутствие в Италии в первой половине ХХ века : энциклопедия / ред.-сост. А. д’Амелия, Д. Рицци. М. : Политическая энциклопедия, 2019.
Nella foto Stravinskij al piano
http://johngushue.typepad.com/blog/2007/06/a_thought_on_ha.html
Siti interessanti
http://www.culturacampania.rai.it/site/it-IT/Patrimonio_Culturale/
Istituzioni_e_Associazioni_culturali_e_scientifiche/Scheda/associazione_igor_stravinsky.html
Sito dell'associazione Igor Stravinsky in Italia.
Laura Piccolo
Scheda aggiornata il 1 giugno 2020
P. Picasso, Ritratto di Igor' Stravinkij
Boris Šaljapin, Copertina di Time dedicata a Igor' Stravinskij (luglio 1948)
http://www.liveinternet.ru/users/2010239/post112987590/