In quello stesso periodo Tat´jana Pavlova prende lezioni di italiano da Cesare Dondini e studia dizione. Il 3 ottobre 1923 debutta con la propria compagnia (formata da Alberto Capozzi, Calisto Bertramo, Ernestina Bardazzi, Letizia Bonini) al Teatro Valle di Roma con Sogno d'amore di A. I. Kosorotov, di cui cura anche la regia. Poco dopo debutta anche al Teatro dei Filodrammatici di Milano e successivamente nei maggiori teatri italiani. Tra questi, il Teatro Goldoni di Venezia, dove il debutto del 26 agosto 1926 con il dramma Gelosia di Мichail Arcybašev, regia di Ernesto Sabbatini, viene accolto con entusiasmo:
La compagnia drammatica di Tatiana Pavlova non poteva esordire più felicemente e la cronaca della serata si può riassumere in poche righe: teatro gremito in ogni ordine di posti da un pubblico elegantissimo che rivolse applausi alla geniale attrice ritornata fra noi con una schiera di ottimi elementi ed in una cornice di scenari eccellenti e intonati («Gazzetta di Venezia», 27 agosto 1926, p. 4).
Se il pubblico italiano si innamora presto di questa russa accattivante, ammaliatrice, dall'accento vagamente esotico, i critici e gli addetti ai lavori non risparmiano alla "straniera" duri rimproveri e commenti sarcastici: l'esempio più significativo è quello di Luigi Pirandello, che in alcune lettere a Marta Abba si abbandona a giudizi impietosi, infarciti da epiteti piuttosto coloriti, sul teatro e sulla persona della Pavlova (cfr. le lettere da Parigi del 31 gennaio 1931 e del 13 agosto 1931 in Pirandello, pp. 628, 858). Gli attacchi di Pirandello alla Pavlova si spiegano anche con le innovazioni che le sue regie intendono apportare a un teatro italiano ancora fortemente provinciale. La cura particolare da lei riservata, non solo al lavoro dell'attore sulla scena, ma anche alle luci, alle scenografie consone all'ambientazione del testo, e ai costumi disegnati per l'occasione, provocano una "rottura con le ormai logore consuetudini del mattatore convinto di costituire da solo «il teatro», la legittimazione di una personalità drammaturgica che si colloca mediatrice fra il testo e gli interpreti" (Geron, p. 106).
Durante gli anni Venti e Trenta, Pavlova cura la regia di diversi spettacoli, italiani e russi. Tra le altre regie di opere russe si ricordano: Kasatka di A. N. Tolstoj e Chirurgia di A. P. Čechov (1923); Signorina senza dote di A. N. Ostrovskij e Per la gloria di T. L. Ščepkina-Kupernik (1926); I giorni della vita di L. N. Andreev (1927); La moneta falsa di Maksim Gor'kij; La quadratura del circolo di V. P. Kataev (1931); Oltreoceano di Ja. M. Gordin (1932); Il cadavere vivente di L. N. Tolstoj (1941).Nel 1933 Tat´jana Pavlova torna davanti alla macchina da presa in Creature della notte di Amleto Palermi e, nel 1934, in La signora di tutti di Max Ophüls. Il 16 agosto 1934 La signora di tutti viene proiettato alla II Mostra internazionale d'arte cinematografica di Venezia. Già il 14 agosto era giunta al Lido una delegazione per presentare il film, composta dal regista, dagli attori Isa Miranda, Tat'jana Pavlova, Lamberto Picasso, Franco Coop, dal produttore Angelo Rizzoli e da Daniil Amfiteatrov, che ne aveva composto la colonna sonora. Alla proiezione del film sono presenti anche il critico d'arte Ugo Ojetti, il presidente della Biennale Volpi di Misurata, il senatore Crespi e l'onorevole Asquini, Sottosegretario alle Corporazioni in rappresentanza del Governo Fascista. I giudizi della critica sono positivi, e valgono al film la coppa del Ministero delle Corporazioni quale film italiano "tecnicamente migliore":
Una leggera freddezza insita nella trama e una certa deficienza di simpatia e di comunicabilità nella regia impedirono che il film, che è dal punto di vista tecnico ammirabilmente fatto, conquistasse, oltre che l'occhio e il cervello, anche il cuore del pubblico, e diventasse un successo perfetto. [...] Tatiana Pavlova, nella parte della signora Nanni, ebbe eccellenti momenti (F. Sacchi, «Corriere della sera», 17 agosto 1934).
Gli interpreti – Isa Miranda, Memo Benassi, Tatiana Pavlova, Nelly Corradi, Francesco Coop – sono ben condotti e attestano dello sforzo del regista di creare una composizione omogenea nei riguardi della recitazione che appare riuscita più nelle intonazioni delle frasi e delle parole che nelle frasi stesse (Il film "La Signora di tutti" alla II Biennale del Cinematografo, «Gazzetta di Venezia», 17 agosto 1934, p. 5).
Nel 1935 Tat'jana Pavlova fonda a Roma insieme a Silvio D'Amico l'Accademia d'Arte Drammatica, dove ottiene la cattedra di regia. Con i suoi allievi allestisce, nel 1937, la messinscena del Mistero della Natività, Passione e Resurrezione di Nostro Signore. In quello stesso anno sposa il giornalista e scrittore Nino D'Aroma, biografo di Mussolini e direttore dell'Istituto Luce.
Dopo la guerra l'artista collabora anche con la televisione italiana, dove inscena molti lavori teatrali russi ed europei, e recita in diversi film: nel 1946 interpreta il ruolo della madre in Zoo di vetro di Tennessee Williams, per la regia di Luchino Visconti; nel 1948 recita in Una lettera all'alba di Giorgio Bianchi, e nel 1949 in Cagliostro ovvero Black Magic (1948) di Gregorij Ratov. Fra il 1949 e il 1951 dirige ancora una sua compagnia, interpretando il ruolo principale di La lunga notte di Medea di Corrado Alvaro, e firmandone, fra l'altro, anche la regia. In quello stesso periodo porta in scena, tra gli altri, La vedova di Renato Simoni, Mirra Efros di Ja. M. Gordin e alcune novità italiane, come La torre d'avorio di Piero Mazzolotti e Il sole non si ferma di Giuseppe Bevilacqua.Tatiana Pavlova in La lunga notte di Medea di Corrado Alvaro, 1949. Matita e china su carta, 257 x 295 mm. Pubblicata su "L'Elefante", 28-7-1949. Coll. Burcardo, inv. 5913
http://www.burcardo.org/mostre/onorato/index.asp (nel pannello 9)
Tatiana Pavlova al lido di Rimini nel 1925
www.balnea.net/default.asp?cmd=thumb&id=84
Boris Godunov di M. Mussorgskij al Teatro alla Scala, 30 aprile 1953 (locandina).
Tatiana Pavlova con il coro del Teatro alla Scala.
Maria Callas e Tatiana Pavlova all'epoca della realizzazione della Fedora di U. Giordano per il Teatro alla Scala, 1956.