A parte una giornata trascorsa a San Remo nel 1913, ospiti di Boris Savinkov e della moglie a Villa Vera, quartier generale dei socialisti rivoluzionari, rivedranno l’Italia solo molti anni dopo, quando già saranno emigrati in Francia.
Dopo la rivoluzione d’ottobre nel 1917 si rifugia insieme al marito a Varsavia e successivamente a Parigi
Nella speranza che Mussolini aiuti Merežkovskij a pubblicare in versione italiana alcuni suoi libri sono a Roma nel novembre 1934 e vi rimangono fino all'inizio dell’anno successivo. Su invito del duce e grazie ad un sussidio concesso a Merežkovskij perché porti a termine le sue ricerche su Dante, i due coniugi trascorrono un lungo periodo in Italia dalla primavera a novembre del 1936. Nel secondo Diario italiano (Ital'janskij dnevnik) Gippius descrive il piacere di questo nuovo soggiorno: "sarebbe troppo lungo scrivere della vita che facciamo qui, perfino senza parlare dell'incanto di Roma in quanto tale e della dolcezza delle passeggiate mattutine per villa Borghese, ma solo delle persone di qui, degli incontri con loro" (5.5.1936). A Roma si incontrano con Vjačeslav Ivanov, Tat'jana L'vovna Tolstaja, Andrej Beloborodov, Tat'jana Varšer, la principessa Marija-Roza Radziwill e, tra gli italiani, E. Lo Gatto, il duca Giovanni di Cesarò (1878-1940), marito di Varvara Antonelli, e il teologo Ernesto Buonaiuti (1881-1946). In particolare, passano ogni giorno lunghe ore seduti a parlare in casa di Ivanov, che abitava all'epoca in via Monte Tarpeo (L. Ivanova, Vospominanija, pp. 241-244).
Z. Gippius è molto scettica sulla reale possibilità che Mussolini aiuti il marito. Gode, tuttavia, pienamente della bellezza di Roma, delle passeggiate serali in mezzo alla folla giubilante per la conquista dell'Etiopia:
"Questa folla, innanzitutto, non fa paura; dà solo "fastidio" (...) Strano a dirsi, ma l'atmosfera e i visi delle persone mi ricordano in qualche modo il Febbraio del 1917 a San Pietroburgo. (...) Comunque per qualche motivo negli occhi della gente c'era gioia ed entusiasmo comune. I motivi di quel lontano Febbraio e di questo maggio sono diversi, ma c'è la stessa gioia, lo stesso entusiasmo, qualcosa che sa di "sogno" (...) sì, è un Febbraio, ma un Febbraio altrui" (Ital'janskij dnevnik, 9.5.1936).
Per gli studi del marito, si spostano a Firenze, dove vivono nella pensione Piccioli, e a Roncigliano, alla pensione Sorgente Roveta. Del capoluogo toscano la poetessa scrive:
"Dopo la confusione e il tramestio di Roma, dopo essere stati circondati da "amici" e "ammiratori", qui tutto è silenzioso, noioso e provinciale. Anche le persone, russe e italiane, sembrano "ammuffite", "semimorte". (...) Firenze di per sé non è paragonabile a Roma, è carina a modo suo. È piena di fiori" (Ital'janskij dnevnik, 21.5.1936).
La tristezza che le trasmette Firenze, però, è forse solo un riflesso della sua condizione interiore:
«Je suis triste, triste... Je ne reconnais plus Florence quoique je ne doute pas qu'elle reste la même: c'est à travers le voile noir dont mon âme est enveloppée que je la vois si mal. Peut-être aussi est-elle éteinte après la beauté pénétrante du Rome printanier. Trop de choses corroborent à mes tristesses indicibles" (lettera a Greta Gerelle del 13.5.1936).
A Firenze intrattengono rapporti con la famiglia del pittore Nikolaj Lochov, con il giornalista Enrico Barfucci (1889-1966) e con lo storico del Medioevo Nikolaj Ottokar. Conoscono inoltre Publio Raphis, un monaco francescano ammiratore di Vladimir Solov’ev e somigliante “ad Andrej Belyj” e una misteriosa signorina olandese, m-lle Van Oldenburg. A parte il mese trascorso a Roma per incontrare il Duce tra fine aprile e metà giugno, restano tra Firenze e Roncigliano fino a novembre, per poi tornare a Parigi ripassando dalla capitale: “qui tutto è cambiato ed così diverso da prima come la primavera dall'autunno” (Ital'janskij dnevnik, 9.11.1936).
I due coniugi tornano in Italia nel giugno 1937, quando la famiglia Ivanov trova loro una sistemazione estiva a Rocca di Papa, dove Merežkovskij può lavorare in tranquillità. Qui un milionario romano, ammiratore del libro dello scrittore su Leonardo, promette di farli vivere nella sua villa gratis, salvo poi chiedere loro 3.000 lire di spese. Gippius definisce la villa “la nostra dacia”, passano il tempo per lo più da soli, a parte le visite di Vjačeslav Ivanov e Ol'ga Šor. Ad ottobre tornano a Roma e trascorrono l’ultima domenica del soggiorno in Italia da Ivanov:
"ecco la magica scala del Campidoglio. La lupa non si vede. Dorme. Mi sembra che l'abbiano spostata dal fitto giardino di sinistra a quello di destra. Lì c'è anche una grotta. Marco Aurelio si staglia nel cielo del crepuscolo. Quanta grandezza nella sua quiete! Con il solo gesto della mano: Pax, pace...».
Descrive il tragitto che li porta a piedi a casa del poeta: Marco Aurelio, un vicolo, la rupe, il portone di Ivanov e da una piazzola la vista sul Foro Romano, più in là il Colosseo, tutto avvolto dal color arancio del tramonto e dal suono delle campane. L'atmosfera della "rupe" sulla quale vive Ivanov le ricorda la Torre del poeta a Pietroburgo. Le sembra di essere tornata trent'anni indietro nel tempo. Di nuovo intellettuali "veri" che discutono di poesia e versificazione. Tutto ciò le ispira un sentimento quasi di invidia, perché "quelli che vivono sulla rupe Tarpea sono più felici di molti di noi. Hanno un giardino, "un paradiso terrestre", e musica, libri e lavoro scientifico, versi e le Ave Maria del Foro romano" (Poet i Tarpejskaja skala, pp. 371-373). Le ultime righe di Ital'janskij dnevnik descrivono lo stato animo della scrittrice che sta per lasciare per sempre Roma:
"Tra 4 giorni, il 20, abbiamo preso i biglietti per Parigi. Oh, quanto poca voglia ho di lasciare questo sole, "tutta Roma" e il balcone dal quale scrivo" (16.10.1937).Persa ormai ogni speranza in un nuovo incontro e ulteriore appoggio da parte di Mussolini, ripartono per la Francia a malincuore. A Parigi Gippius vivrà il resto della sua esistenza anche dopo la morte del marito (1941), dal quale non si era mai separata per 52 anni.
Centro Studi Vjačeslav Ivanov, Roma, Archivio Vjačeslav Ivanov
Centro Studi Vjačeslav Ivanov, Roma, Archivio Andrej Beloborodov
IRLI RAN OR, fond 39, n. 1187, S. N. Gippius, Ital'janskij dnevnik 1896 g.
N.I. Os’makova, Gippius, in Russkie pisalteli 1800-1917, t. I, Moskva 1989.
Pis’ma D. S. Merežkovskogo k P.P. Percovu, a cura di M. Ju. Koreneva, «Russkaja literatura» 1991, n. 2, pp. 156-181; n. 3, pp. 132-159.
L. Ivanova, Vospominanija, Moskva 1992.
T. Pachmuss, Stranicy iz prošlogo: Iz perepiski Zinaidy Gippius, Frankfurt a. M.-Berlin 2003.