Russi in Italia

Vjačeslav Ivanovič Ivanov


Luogo e data di nascita: Mosca, 16 (28) febbraio 1866
Luogo e data di morte: Roma, 16 luglio 1949
Professione: poeta, filosofo, filologo
Residenza: Roma, Via Leon Battista Alberti


Le prime impressioni che Ivanov riceve dell'Italia risalgono alla primissima infanzia, all'infatuazione per la "torre di Pisa e ciò che la circonda" e per il Mosé di Michelangelo (Lettera autobiografica, 1917 - II, 19). Nel 1886 si reca in Germania dove studia per oltre quattro anni storia antica con Th. Mommsen e O. Hirschfeld all'Università di Berlino e scrive una tesi sul sistema fiscale romano, pubblicata in latino con il titolo De societatibus vectigalium publicorum populi romani (SPb. 1910).

Uno degli incontri più importanti di questi anni è la conoscenza e la successiva lunga amicizia con lo storico Ivan Michajlovič Grevs, che, come Ivanov ricorderà in seguito:

"mi ordinò imperiosamente di recarmi a Roma, per la quale non mi sentivo abbastanza preparato; gli sono ancora oggi grato per aver vinto la mia caparbia resistenza, derivata da un eccessivo sentimento di venerazione per la Città Eterna, spiegandomi tutto quello che lì avrebbe dovuto essermi rivelato. Sono state incomparabili le impressioni che ho ricevuto da questo viaggio primaverile in Italia attraverso la valle del Rodano, Arles, Nimes e Orange con le loro antiche rovine, attraverso Marsiglia, Mentone e Genova. Dopo un primo breve soggiorno a Roma ci siamo avventurati oltre fino a Napoli, abbiamo fatto il giro della Sicilia, dopodiché siamo rimasti a lungo a Roma vivendo con un'umile famiglia italiana, cosicché dopo tre anni di questa vita ci sentivamo in un certo senso romani. Io frequentavo l'Istituto Archeologico tedesco, partecipavo insieme agli allievi (i ‘ragazzi capitolini') alle passeggiate archeologiche, pensavo solo alla filologia e all'archeologia mentre lentamente rielaboravo, approfondivo e ampliavo la mia tesi, anche se per lungo tempo ero rimasto senza forze a causa della malaria. La vita a Roma mi ha portato a fare la conoscenza di molti studiosi (ricordo come erano all'epoca i professori Ajnalov, Krašeninikov, M. N. Speranskij, M. I. Rostovcev, i defunti Kirpičnikov, Modestov, Redin, Krumbacher, il grande Giovan Battista De Rossi) e di artisti: i fratelli Svedomskie, Rizzoni, Nesterov, l'asceta delle catacombe Rejman (Lettera autobiografica, 1917).

Tra i poeti del secolo d'argento Ivanov è quello maggiormente legato all'Italia: dei 43 anni vissuti  all'estero circa 30 li ha trascorsi in Italia. "L'Italia ha ricevuto e trasformato il retaggio della Grecia e di Bisanzio (...) L'amore per l'Italia è indice di un'elevata cultura" – scrive in un appunto non datato (Archivio russo-italiano I, Trento 1997, p. 503) e ribadisce nel 1892, quando giunge per la prima volta nella Città Eterna: "Sono fedele alla mia patria, ma venero Roma come una nuova patria" (I, 638), confessando in una poesia del 1944: "Te per tutta la vita ho glorificato / che per me sei divenuta patria" (III, 607).

Durante il primo viaggio a Roma avviene un evento assai importante per il poeta: l'incontro con Lidija Dimitrevna Zinov'eva-Annibal, che diventerà la sua seconda moglie; la chiarificazione decisiva tra i due avviene al Colosseo, come ricorda nel 1908: "La nostra prima ebrezza, ebrezza rea di libertà, / benedisse / spettrale il Colosseo" (II, 398). Il viaggio ad Assisi nel 1897 è per entrambi una rinascita interiore. "I colli turchini della patria di San Francesco hanno allargato i confini della mia anima (...) In generale siamo tornati da quel nostro viaggio fortemente rinnovati e abbiamo iniziato in maniera infinitamente più profonda a capire l'arte, cioè il gradino più elevato dell'esistenza umana. (...) Qui in Italia ci siamo sentiti più che mai nella nostra patria spirituale" (L. D. Zinov'eva-Annibal a Grevs, 17/29 gennaio 1898). Il racconto mitopoetico sulla rivelazione della Sofia-sapienza ad Assisi, circondata dal "cristallo dei monti umbri", è alla base dei versi di Bellezza, manifesto estetico e filosofico di Ivanov-poeta. Questa poesia, che apre il libro Astri nocchieri (1902) è dedicata a Vladimir Solov'ev: seguendo l'itinerario del filosofo, Ivanov arriva alla formula a realibus ad realiora, che ispira la sua concezione "verticale" del simbolo in quanto tale e dell'arte simbolica in generale ed è alla base della sua creazione poetica. Una parte a sé nel libro è costituita dal ciclo Sonetti italiani (22 poesie), dedicato all'antichità, alle città e agli artisti italiani; l'epigrafe del libro è tratta da una terzina del Purgatorio, tradotta per l'occasione da Ivanov in russo: "Poco parer potea lì del di fori; / ma, per quel poco, vedea io le stelle / di lor solere e più chiare e maggiori" (Canto XXVII, vv. 88-90).
L'attenzione particolare rivolta a Dante – sia per la forma (in particolare la predilezione per il sonetto italiano) che per il contenuto (Ivanov individua in Dante il principio di a realibus ad realiora) – viene riproposta più volte negli articoli teorici del poeta. A Dante risale la specifica complessità e ricchezza della poesia ivanoviana, ma anche la scarsa accessibilità dei suoi versi per alcuni contemporanei: "Per capire Ivanov bisogna risalire a Dante" ha scritto L. V. Pumpjanskij. Gli studiosi contemporanei sono giunti alla conclusione che in Ivanov e nella corrente ivanoviana del simbolismo russo è presente un "codice dantesco".
I primi progetti di Ivanov di tradurre Dante risalgono all'inizio del XX secolo, quando la casa editrice Brockhaus ed Efron pianifica un'edizione delle opere del poeta fiorentino. In periodi diversi Ivanov si dedica alla traduzione della Divina Commedia, della Vita Nova e del Convivio. Nel 1910 firma un contratto con Brockhaus ed Efron per una traduzione commentata della Commedia, in versi e in prosa. Dopo poco tuttavia la casa editrice viene chiusa e il progetto non si realizza, nonostante i numerosi tentativi di Ivanov di trovare un altro editore disposto a pagare il lavoro intrapreso. Così come non giunge a buon esito il progetto di traduzione e pubblicazione delle opere poetiche di Michelangelo presso la casa editrice del teatro Vs. Mejerchol'd (gli otto sonetti scritti da Michelangelo nella versione di Ivanov sono stati pubblicati solo di recente in «Russica Romana», 1995, II). Si conclude, invece, con successo il progetto di un "Petrarca russo", realizzato in collaborazione con Michail Geršenzon, che vede la luce a Mosca presso la casa editrice di M. e S. Sabašnikov (Petrarca. Autobiografia. Confessione. Sonetti, 1915). Per questa edizione Ivanov traduce le citazioni poetiche del trattato De contemptu mundi e 33 sonetti del Canzoniere. La stessa casa editrice prepara anche la pubblicazione del Convivio di Dante: la parte in prosa viene tradotta da V. F. Ern e quella poetica da Ivanov (questo lavoro solo di recente è stata pubblicato in «Europa Orientalis» 2003, I, pp. 233-295).
Trasferitosi definitivamente a Pietroburgo nel 1905, Ivanov torna in Italia solo nell'ultimo periodo del settennato trascorso nella torre: vive a Firenze e a Roma nell'agosto-ottobre 1910. L'anno vissuto a Roma dall'autunno 1912 all'autunno 1913, dedicato alla traduzione di Eschilo, separa i sette anni trascorsi a Pietroburgo dagli altrettanti anni trascorsi a Mosca.
Nel luglio 1920 il poeta tenta di lasciare la Russia sovietica con la famiglia per venire in Italia, indicando tra i motivi del viaggio la fondazione in Italia di un Istituto di letteratura e arte russa (lettera di Ivanov a N. K. Krupskaja-Lenin del 18 luglio 1920, «Novoe Literaturnoe Obozrenie» 1999, n. 40, p. 309), ma il Reparto speciale della Čeka non acconsente alla partenza.
Nell'autunno 1920 Ivanov si trasferisce a Baku, dove viene nominato professore dalla locale università e tiene tra gli altri un corso su "Dante e Petrarca". Il successivo tentativo di lasciare l'URSS nell'agosto 1924 ha successo: tra i compiti da portare a termine in Italia c'è la fondazione di un Istituto russo di archeologia, storia e critica d'arte. Nonostante il forte interessamento del direttore del Narkompros A. V. Lunačarskij e del direttore del GAChN P. S. Kogan, la fondazione dell'istituto viene fermata sin dalla fase iniziale.
Nel novembre-dicembre 1924 a Roma Ivanov crea il ciclo poetico Sonetti romani, nella prima redazione Ave Roma (una traduzione prosastica in italiano del primo e del nono sonetto fatta dal poeta stesso appare sulla rivista «Il Frontespizio», 1930, n. 9, p. 5). Questo ciclo occupa un posto esclusivo nell'opera matura del poeta e in generale nel ‘testo romano' della cultura europea del XX sec. All'inizio del soggiorno italiano risale l'amicizia con Ol'ga Resnevič Signorelli, più tardi con Renato Poggioli e Tat'jana L. Suchotina-Tolstaja. Particolarmente proficuo è il rapporto con Ettore Lo Gatto che lo coinvolge in una serie di progetti scientifici e editoriali, in particolare nella collaborazione con l'Enciclopedia Italiana Treccani.
Dal 1926 al 1934 Ivanov occupa il ruolo di docente-lettore di lingue straniere al Collegio Borromeo di Pavia e contemporaneamente tiene dei corsi di letteratura russa all'università di Pavia. Qui entra a far parte della cerchia lombarda di Pietro Treves, Stefano Jacini, Antonio Casati e del duca Tommaso Gallarati-Scotti. Fanno visita a Ivanov al Collegio Borromeo Martin Buber, Fedor Zelinskij, Alessandro Pellegrini e nel marzo 1934 Benedetto Croce. L'incontro con il filosofo alla presenza degli amici lombardi si trasforma in un "dialogo drammatico, doloroso e a momenti – anche se contenuto dalla correttezza – violento" (T. Gallarati Scotti, Interpretazioni e memorie, Milano 1960, p. 347).
Nel 1934 per iniziativa di Pellegrini nella serie monografica della rivista «Il Convegno» viene pubblicato un numero dedicato all'opera di Vjačeslav Ivanov. Tra gli autori figurano Gabriel Marcel, Fedor Zelinskij, Ernst Robert Curtius, Herbert Steiner, Fedor Stepun, Nikolaj Ottokar, Leonid Gančikov. Pellegrini scrive un saggio sulla Corrispondenza da un angolo all'altro di Ivanov e Geršenzon uscita nel 1932 nella traduzione di Ol'ga Signorelli. È di assoluto rilievo per la cultura italiana come per quella dell'Europa occidentale che un numero monografico sia dedicato a un emigrato russo.
Tornato definitivamente a Roma alla fine del 1934, dal 1936 Ivanov inizia ad insegnare slavo-ecclesiastico al collegio vaticano Russicum e all'inizio del 1938 per decisione di papa Pio XI viene creato per lui il posto permanente di professore (lettera del cardinale Mariani al rettore del Russicum Philippe De Régis del 7 febbraio 1938). Al Russicum e al Pontificio Istituto Orientale Ivanov tiene anche brevi corsi di letteratura russa e, in particolare, nell'anno accademico 1939-1940 fa un corso su Dostoevskij. Dalla fine degli anni Trenta è coinvolto nel progetto di un'edizione commentata delle Sacre Scritture in lingua russa, per la quale prepara Atti degli Apostoli, Lettere degli Apostoli, Apocalisse (Roma 1946) e il Salterio in lingua slava e russa (Roma 1950), anche se il suo nome non figura nei due testi.
Dal 1941 in collaborazione con Rinaldo Küfferle lavora alla versione italiana di una delle sue principali opere mitopoetiche, la melopea L'Uomo. La partecipazione di Ivanov all'elaborazione della versione italiana, che si discosta molto da quella russa, è tuttora oggetto di ricerca.
L'ultimo libro di versi, scritti in Italia, è il Diario romano 1944 (la prima delle 114 poesie è datata 1 gennaio, l'ultima 31 dicembre), cronaca poetica dell'occupazione di Roma da parte dei nazisti, delle incursioni aeree e della liberazione della città da parte degli alleati che si interrela con le tematiche eterne della storia e la ricerca della verità. Lo stesso titolo del libro contiene un paradosso, perché la determinazione temporale, l'anno 1944, è riferita al topos della città eterna. Il Diario romano, anticipato dai Sonetti romani, viene incluso nell'ultima raccolta poetica Luce vespertina (Oxford 1962).
Ivanov muore il 16 luglio 1949 ed è sepolto al cimitero di Testaccio. La data del 16 giugno, indicata in Russkie pisateli 1800-1917. Biografičeskij slovar' (Moskva 1992, t. 2, p. 372), è errata.

Bibliografia
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Archivi
Centro studi Vjačeslav Ivanov, Roma, Archivio Vjačeslav Ivanov.
Fondazione Giorgio Cini, Venezia, Archivio Angelo e Olga Signorelli.
Fondazione Arnoldo e Alberto Mondadori, Milano, Archivio Arnoldo e Alberto Mondadori.
Fondazione Teatro alla Scala, Milano, Archivio della Biblioteca Livia Simoni, Collezione autografi.
Centro studi Vjačeslav Ivanov, Roma, Archivio Andrej Beloborodov.
Centro studi Vjačeslav Ivanov, Roma, Archivio Elena Grigorovič.
Biblioteca Ambrosiana, Milano, Archivio di Tommaso Gallarati Scotti.

Andrej Shishkin

 



Ivanov nel suo studio romano negli anni Trenta.

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