Figlio del giurista Viktor Michajlovič Savinkov, alto funzionario del Ministero della giustizia di Varsavia e della scrittrice Sofija Aleksandrovna Jarošenko (pseudonimo S.A. Ševil’; 1855-1923), frequenta il ginnasio a Varsavia, poi prosegue gli studi alla facoltà di Giurisprudenza delle università di San Pietroburgo (viene espulso nel 1899 per aver partecipato ad una agitazione studentesca), Berlino e Heidelberg. Collabora con il giornale «Rabočaja mysl'» e alcuni suoi articoli sono notati dai socialisti rivoluzionari. Grazie alla prima moglie Vera, figlia dello scrittore Gleb Uspenskij, entra in contatto con gli ideologi del populismo. Nel 1901 è arrestato per aver fondato il gruppo "Socialist" vicino alle idee di Georgij Plechanov e, nel 1902 deportato nel governatorato di Vologda, dove scontavano la loro pena molti socialisti rivoluzionari; conosce Aleksej Remizov, Nikolaj Berdjaev e Anatolij Lunačarskij. Al periodo di prigionia risalgono i racconti Tenjam umeršich, Noč' e Slezy.
Il primo arresto e la deportazione non interrompono la sua partecipazione all'attività politica rivoluzionaria: dopo una perquisizione nel 1902 viene posto sotto stretta sorveglianza poliziesca. Nel 1903 riesce a fuggire riparando a Ginevra, dove aderisce al Partito dei socialisti-rivoluzionari (PSR), entra nell’organizzazione armata del partito, creata da Evno Azef, è mente e braccio di diverse azioni terroristiche, tra cui l'uccisione del ministro dell'interno V.K. Pleve e del principe Sergej Aleksandrovič, governatore di Mosca. A questo periodo risale il testo autobiografico V sumerkach, il cui eroe è un terrorista che prova disgusto per se stesso e per la causa rivoluzionaria (Gončarova 2007, p. 433). In questi anni lavora a diversi saggi sui compagni di partito, molti dei quali sono alla base del volume Vospominanija terrorista, scritto a Parigi nel 1909. Nel 1906 è nuovamente arrestato a Sebastopoli e condannato a morte, ma riesce a fuggire, rifugiandosi in Romania, per poi raggiungere Parigi. Qui stringe rapporti nel 1911 con Dmitrij Merežkovskij, Zinaida Gippius e, più tardi, con Maksimilian Vološin. A questо periodo risale l’elaborazione del racconto Kon' blednyj, pubblicato inizialmente su «Russkaja mysl'» e poi, grazie a Zinaida Gippius, nel 1913 a Nizza.
Nel 1911 è segnalata la sua presenza sulla Costa Azzurra e sulla Riviera Ligure, dove viene identificato come il capo del partito rivoluzionario. Da qui intraprende un lungo viaggio che tocca Milano, Venezia, Firenze, Roma, Napoli e Genova. Per un breve periodo alloggia a Bordighera alla Villa "La Cava" (Borghetto di San Nicolò) presso il fratello della madre, l'ammiraglio Vasilij Aleksandrovič Jarošenko. Entra in contatto con Evgenij Kolosov, Natal'ja Klimova e il gruppo di rivoluzionari che ruota intorno a loro: Sergej Moiseenko, Pеtr Sidorčuk, Vasilij Suchomlin, Vil'gel'mina Gel’ms, Vladimir i Osip Fabrikant ed altri.
Al 1912 risale il romanzo To, čego ne bylo, che rappresenta una critica nei confronti dello stesso partito socialrivoluzionario. Negli anni dell'emigrazione pubblica anche versi, raccolti poi in un'edizione postuma del 1931. Nel 1916 si arruola come corrispondente di guerra, esperienza che è alla base dello scritto Vo Francii, vo vremja vojny.
Dopo la rivoluzione di febbraio è nominato commissario presso il quartier generale del Comando supremo e viceministro della difesa. Dopo la rivoluzione di ottobre si impegna nella lotta contro il potere sovietico: si avvicina al generale Lavr Kornilov, guida l'Unione in difesa della patria e della libertà (Sojuz zaščiti rodiny i svobody). Successivamente è nominato rappresentante di A.V. Kol'čak a Parigi e in questa veste nel 1921 incontra Churchill che ne traccia un breve ritratto tra i Grandi contemporanei, lodandone la "saggezza di uomo di Stato, il talento di un generale dell'esercito, il coraggio di un eroe, la sopportazione di un martire" (cit. in Mainardi 2004, p. 8). Si trasferisce poi a Varsavia, dove guida il Comitato politico russo (Russkij političeskij komitet) e insieme a Merežkovskij collabora al giornale «Za svobodu!». Nella sua ricerca di un fronte comune contro i bolscevichi nel 1922 incontra Benito Mussolini, ma ben presto si trova isolato. Al 1923 risale il suo romanzo Kon' voronoj.
Dopo un incontro con il rappresentante sovietico a Londra Leonid Krasin, erroneamente si convince che in Russia sia sorto un fronte democratico che cerca una guida. Si tratta in realtà di un'operazione del GPU, volta alla sua cattura: nel 1924 rientra illegalmente in URSS, e viene arrestato a Minsk e condannato alla fucilazione, pena successivamente commutata in dieci anni di reclusione. Nel 1925 si suicida gettandosi dalla finestra (secondo altre versioni viene ucciso).
Boris Savinkov in un disegno di A. Beljaev-Gintovt
http://www.nbp-info.ru/nbart/belyaev/zhv_13.html
Savinkov deportato
stpetersburg.berkeley.edu/alexis/al_savinkov.html
Boris Savinkov studente nel 1899
stpetersburg.berkeley.edu/alexis/al_savinkov.html