La lunga questione abitativa della delegazione russa, che era comincia già nell'estate del 1920 coinvolgendo a più riprese diversi ministeri, è significativa dell'ostilità che i diplomatici sovietici avrebbero trovato in territorio italiano. Il 14 marzo 1921, al loro arrivo alla stazione Termini, Vorovskij e i suoi collaboratori sono accolti dai deputati comunisti Antonio Graziadei e Nicola Bombacci, ma ha subito luogo il primo incidente diplomatico: i bagagli dei delegati, 27 colli, vengono tutti requisiti, perché i viaggiatori non sono "agenti diplomatici accreditati presso il nostro Governo", e un gruppo di contestatori fascisti minaccia di introdursi nella dogana per impadronirsene. Seguono colluttazioni con la forza pubblica e i bagagli rimangono alla stazione per essere perquisiti nei giorni successivi, circostanza che suscita l'indignazione e le vive proteste di Vorovskij. Il caso dei "bauli russi" è montato dalle cronache dei giornali per una decina di giorni e contribuisce ad alimentare il sospetto dell'opinione pubblica italiana nei confronti dei nuovi ospiti:
Bisogna riconoscere che la diffidenza prevalente in molti ambienti circa le rette intenzioni dei delegati commerciali russi viene rafforzata e giustificata da questo sfortunato ed equivoco inizio dell'attività della Missione russa [...] se questi sono in buona fede, non hanno da temere nulla da una simile visita; se, invece, sono colpevoli di aver violato le leggi e tentato di sorprendere la buona fede del Governo italiano, è giusto che siano tutti riaccompagnati al confine come ospiti non desiderati ("Corriere della Sera", 18 marzo 1921).
Nei giorni seguenti, Vorovskij va incontro ad altre dimostrazioni di ostilità da parte della popolazione e della burocrazia italiana, finché il 23 maggio, esasperato, scrive a Sforza comunicandogli la sua intenzione di lasciare l'Italia. La risposta del ministro è conciliante: a tutti i membri della delegazione viene concessa l'immunità diplomatica per i successivi due mesi, a condizione che si arrivi alla ratifica del trattato commerciale italo-russo secondo gli accordi presi a Londra con Leonid Krasin. L'immunità viene formalizzata a giugno e, in ottobre, ad accordo non ancora raggiunto, è ancora valida. Le resistenze alla ratifica dell'accordo commerciale vengono tutte da parte sovietica: Vorovskij punta a inserire nel trattato una qualche forma di riconoscimento politico della Russia sovietica, mentre il governo italiano non dimostra alcuna sensibilità per il tema:
Ogniqualvolta il testo dell'accordo sembrava pronto per la firma, all'ultimo momento Vorovskij cercava di inserire qualche formula indiretta di riconoscimento. Nel maggio si era trattato della questione dell'immunità, in novembre, quando tutto era pronto per la firma, Vorovskij reclamò la clausola del possesso dell'ex ambasciata e della Chiesa russa e ancora l'assicurazione che il governo italiano non avrebbe considerato l'ambasciatore e i consolati dell'antico regime come istituzioni che rappresentassero la Russia (Petracchi, p. 195).
L'accordo commerciale preliminare italo-russo viene stipulato con il governo Bonomi il 26 dicembre 1921, sottoscritto dal nuovo ministro degli esteri italiano Pietro Tomasi della Torretta.
Nei documenti della Pubblica sicurezza relativi alla sorveglianza dei membri della delegazione sovietica a Roma risulta che la gestione delle questioni commerciali è un'attività secondaria della delegazione sovietica, quasi completamente delegata al funzionario Aleksandr Naglovskij. Tra gli altri principali collaboratori di Vorovskij figurano Jan Straujan, suo sostituto, che gli succede nella carica di rappresentante sovietico dopo la sua morte, Michail Asev e Ivan Divilkovskij, suoi segretari. Viene appurato che Vorovskij, contrariamente agli impegni presi con il governo italiano, svolge un'intensa attività politica, intrattenendo costanti rapporti con i politici italiani e sovvenzionando iniziative di propaganda. La principale voce di spesa della missione russa sarebbe il finanziamento di pubblicazioni comuniste: dalla data del suo insediamento nascono due nuovi giornali, «Il comunista» (sovvenzionato con 300.000 lire) e il «Bollettino commerciale», mentre «La Russia dei Soviet» viene fondato immediatamente prima. Vorovskij riceve chiare istruzioni da Lenin sulle energie da investire a favore dei comunisti italiani:
Compagno Vorovskij, da Lei non ho avuto alcuna lettera. Peccato. Almeno una volta in due mesi non sarebbe male spendere un paio di orette e scrivere in modo particolareggiato. Presta aiuto ai comunisti? Bisogna farlo. Assolutamente. In modo ultracospirativo, s'intende. Essi sono inesperti, commettono fesserie. Fanno i "sinistrorsi". A Terracini ne ho dette quattro. Gennari è un "professore" nel senso peggiore della parola. Bisogna insegnare, insegnare e insegnare loro a lavorare come hanno lavorato i bolscevichi: insegnare proprio con degli articoli, proprio nella stampa. All'uopo si deve trovare un italiano e agire per suo tramite. La situazione è ottima, gli operai sono in gamba, ma di battere quel furfante di Serrati non sono capaci. Insegnare loro come si deve fare, per amor del cielo. [...] Non si dimentichi dell'aiuto ai comunisti italiani ... . Il Suo Lenin (lettera di Lenin a Vorovskij dell'8 settembre 1921. "Corriere della Sera", 5 settembre 1999, p. 31).
Dopo la marcia su Roma, il 7 novembre 1922, Mussolini convoca Vorovskij, ventilando una del tutto inattesa "possibilità di regolare definitivamente il carattere diplomatico della missione sovietica, conformemente agli interessi e al prestigio di una grande potenza come la Russia"; analogamente, in un secondo colloquio del 15 novembre,
"il Duce dichiarò l'intenzione di arrivare a un completo riavvicinamento con la Russia, fondato sulla base dei reali interessi [...] In cambio della cessazione della propaganda bolscevica in Italia, egli era disposto, come disse a Vorovskij, a spingere i rapporti italo-russi fino a quel limite che non obbligasse comunismo e fascismo a sconfessare se stessi" (Petracchi, p. 231-32).
Alla fine del 1922 fonti della polizia italiana riferiscono sulla possibilità che Vorovskij sia richiamato a Mosca, indicando come sostituto Grigorij L'vovič Kirdecov; mentre in aprile, secondo un'altra fonte, Abram Zalmanov, medico residente a Genova, "sarebbe in possesso già da tre mesi del decreto di nomina di rappresentante dei Soviet a Roma".
Mentre svolge il suo incarico in Italia, Vorovskij è tra i componenti della delegazione sovietica alla Conferenza di Genova (aprile-maggio 1922) insieme a G. Čičerin, A. Ioffe, L. Krasin, M. Litvinov e Ch. Rakovskij. Successivamente partecipa come rappresentante plenipotenziario per l'URSS, l'Ucraina e la Georgia alla Conferenza di Losanna, per cui compie diversi viaggi da Roma tra l'autunno del 1922 e la primavera del 1923.Il segretario di questa delegazione pubblica una nota con la quale eleva formale accusa contro il governo federale per correità nell'assassinio, perché, malgrado le aperte minacce circolanti da domenica scorsa contro la delegazione, non furono prese le necessarie misure di protezione. La nota accusa poi la Conferenza di aver con il suo contegno creata una difficile posizione ai delegati russi ("Corriere della Sera", 12 maggio 23).
La moglie e la figlia di Vorovskij lasciano l'Italia il 23 maggio 1923. Vorovskij è sepolto fuori le mura del Cremlino.