Prima della rivoluzione lavora come regista al Teatr muzykal’noj dramy di Pietroburgo (attivo dal 1912 al 1919 nella sala grande del Conservatorio; tra gli scenografi contava Nikolaj Rerich, Mstislav Dobužinskij, Ivan Bilibin). Una volta emigrato lavora nei teatri di Parigi, Lisbona, Barcellona e in Italia. Il critico Eugenio Bertuetti così lo descrive:
"scarno, pensoso, due occhi enormi nerissimi, è un appassionato e coltissimo creatore di scena. Vive a Parigi, dove lavora e studia. I musei, le pinacoteche, i vecchi libri d'incisioni sono i suoi testi. È fedelissimo in ogni interpretazione" («Il Regno», 19 febbraio 1925, p. 5).
Dirige la messa in scena di Boris Godunov di Modest Musorgskij al Teatro alla Scala nella stagione 1921-22 (la prima è il 16 febbraio 1922), eseguito in traduzione italiana con il baritono Zygmunt Zaleski nel ruolo del protagonista. Andoga viene "espressamente scritturato" per le sue origini russe e la sapienza con cui sa dirigere "con giusta visione" "i movimenti delle masse e degli attori" («Il Corriere della Sera», 17 febbraio 1922, p. 3).
Nel 1924 viene da Parigi per curare la regia della stessa opera al Teatro Regio di Torino, la cui prima è prevista per il 2 febbraio. L'opera passa alla storia per uno spiacevole episodio: durante le repliche i fascisti fanno irruzione, impadronendosi del teatro (Storia del Teatro Regio di Torino, 1976, p. 584).Occorreva evidentemente qualcosa di più e di meglio, qualcosa di ignorato e di trascurato sino a pochi anni or sono nell'arte di allestire masse corali. Bisognava che il "metteur en scène" e il pittore vivessero spiritualmente uniti nell'opera comune e pur diversa della creazione, interpretandosi a vicenda sin nei più fini particolari, suggerendosi l'un l'altro le idee e la maniera più adatta ad esprimerle" («Il Regno», 19 febbraio 1925, p. 5).
In particolare il critico si sofferma sulle tecniche innovative di Vittorio Andoga:
Poi che l'opera non è composta soltanto di visioni statiche (...), ma anche e principalmente di azione, movimento, vita in cui la parte principale è sostenuta dall'elemento uomo, singolo e masse, l'attenzione sia del "metteur en scène" che li muove sia del pittore che li veste non poteva non soffermarvisi con cura particolare. Il segreto, mi diceva appunto il regisseur Andoga, è di assegnare una parte anche alle semplici comparse; le masse non vanno trattate alla stregua di forme agenti in blocco, ma bisogna educare i singoli individui facendoli penetrare il più possibile nello spirito di ciò che devono rappresentare e assuefarli poi a muoversi ritmicamente, in modo che non rompano con gesti in conflitti e movenze disordinate la compiuta armonia fra musica e scena. Bisognerebbe, mi diceva sempre l'Andoga, che anche in doctor video Italia si portassero nella scuola delle masse corali i principii della "ginnastica ritmica" dettati da Jaques Dalcroze («Il Regno», 10 febbraio 1925, p. 5).
Gli spettacoli messi in scena alla scuola di Dalcroze a Hellerau hanno avuto influenza anche sulle messe in scena dei balletti di Sergej Djagilev.
Negli anni Trenta Andoga emigra negli Stati Uniti.