Proviene da una nobile famiglia baltica (il padre Walter era un proprietario terriero, discendente dai Cavalieri dell'Ordine Teutonico, la madre Blanchine Sivers apparteneva ad una famiglia di commercianti francesi insediatasi a Riga), nasce a Smiltene nella Lettonia orientale che allora si chiamava Livonia e insieme alla Curlandia (Lettonia occidentale) era una provincia dell'impero russo. Dopo la morte della madre, vive a Tartu presso lo zio paterno, il barone Raimund von Zur-Muehlen (1855–1931), celebre cantante che si esibiva alla corte dello zar e dell'imperatore prussiano; lo zio le ispira sentimenti libertari, stimola in lei l'amore per il disegno, ne sollecita lo studio e le letture: è lui a regalarle il primo libro italiano,
Cuore di De Amicis.
All'inizio del XX secolo Edita mostra simpatie per il movimento rivoluzionario russo e, spinta da sentimenti umanitari, a diciotto anni presta servizio come crocerossina a Riga; dopo la rivoluzione del 1905 per salvare il padre fugge con lui a Könisberg. Quando la situazione politica si placa e il padre torna in Livonia, nel 1908 Edita ventiduenne sceglie di restare a Könisberg, la città di Kant, dove studia all'Accademia di Belle Arti fino al 1910. Dal 1910 si insedia a Parigi, qui frequenta gli
ateliers degli artisti e realizza il suo sogno di vivere nella capitale dell'arte.
Nel 1911 viene per la prima volta in Italia, soggiorna per breve tempo a Firenze e a Roma, forse attratta dall'Esposizione Universale organizzata per il Cinquantenario dell'unità d'Italia. Nel 1912 si stabilisce definitivamente a Roma: abita dapprima all'Albergo Internazionale in via Sistina e dipinge in uno studio preso in affitto in via Flaminia 122, vicino a piazza del Popolo e a pochi passi da
Villa Strohl-Fern, particolare concentrato di studi d'artisti d'avanguardia. Comincia allora quello che lei stessa definisce il suo periodo "incandescente" e "visionario"; scrive Savinio: "si sentì come abbacinata dalla dorata suntuosità dell'ambiente, onde le opere di questo periodo appaiono come i frutti di uno stato di ebbrietà quasi sonnambulica".
Del contatto con l'Italia ricorderà più tardi "le cose investite dalla luce scintillante, rese evanescenti sono ad esserne divorate". A Roma entra in contatto con
Olga Resnevič Signorelli che la introduce nel suo salotto internazionale, frequentato da Roberto Melli, Armando Spadini, Ferruccio Ferrazzi, Angelo Zanelli (marito della pittrice lettone
Elizaveta Kaehlbrandt) e dallo scultore jugoslavo Ivan Meštrović, che tanto successo aveva riscosso all'Esposizione Universale del 1911. Melli e Meštrović sono molti attivi nella promozione della Secessione romana ed è appunto alla I Esposizione internazionale d'Arte della Secessione nel 1913 che Edita esordisce con alcune opere (
Mezzodì,
Via Sistina, Fiori) ispirate dalla luce di Roma e da un testo di Gide, scoperto negli anni parigini
Nourritures terrestres.
Nel 1914 muore il barone Walter von Zur Muehlen; Edita si reca a Smiltene in Lettonia per sistemare la tomba di famiglia. Non vi farà mai più ritorno e l'Italia diventerà la sua nuova patria.
In questi anni frequenta anche assiduamente Ottorino Respighi, al quale fa conoscere il dramma di Gerard Hauptmann
Der Versunkene Glocke, da cui il musicista trarrà l'opera
La campana sommersa.
Nel 1914 espone alla II Esposizione internazionale d'Arte della Secessione. Allo scoppio della Prima guerra mondiale iniziano le sue traversie economiche: lascia l'albergo e va a vivere nello studio, poi si trasferisce per tutti gli anni di guerra ad
Anticoli Corrado, il ‘paese degli artisti' sopra la valle dell'Aniene. Dipinge una serie di opere ispirate al paesaggio brullo del luogo, formalmente ispirate da Cézanne. Come ricorderà nel 1976, "con la guerra ero proprio crollata, ero ammalata, sfrattata, avevo perso tutti i miei lavori" (
Edita Walterowna Broglio 1991, p. 195).
Alla ricerca di un'occupazione si avvicina a Anton Giulio Bragaglia che aveva la galleria d'arte e il negozio di fotografo a Via Condotti, stava girando Thais su sceneggiatura di Enrico Prampolini e preparava Il mio cadavere e Perfido inganno per la casa cinematografica Novissima, i cui studi erano a Piazzale Flaminio. Il provino (per un ruolo di ladra) rivela a tutti un'innata capacità di recitare dell'artista. È presente Mario Broglio (Pavia, 2.8.1891 - Lucca, 22.12.1948), pallido, magrissimo, dal collo lungo, colui che diventerà suo compagno nella vita e nella pittura (lo sposerà nel 1927):
Broglio era un impresario nato, con eguale entusiasmo s'improvvisa editore, agricoltore, mercante; ogni nuovo mestiere lo attraeva; solo della sua pittura parlava raramente; il suo studio era sempre chiuso a chiave e i suoi quadri voltati al muro. Di umore mutevole, soffriva di crisi che combatteva dedicandosi alla gastronomia e invitando amici e conoscenti (A. Banti, Una pittrice del nord, «Corriere della sera», 3 luglio 1981).
Accanto a Broglio, Edita matura le ricerche e gli interrogativi artistici che porteranno la coppia all'elaborazione della rivista «Valori Plastici»; come scrive Clavel nel primo numero "la strettoia cubista, con le forme ridotte a concetti, creava per reazione una diffusa nostalgia per lo sconfinato"; Mario Broglio è convinto che occorra promuovere un vasto dibattito internazionale sull'intreccio tra avanguardie e ricomposizione plastica, riscoprire le forme plastiche. Edita lo sostiene ed entra in quella che poi nello scritto autobiografico Riassumo del 1969 definirà la seconda fase della sua pittura:
"Così la seconda fase è informata alla necessità di saper distinguere tra parvenza e realtà, rendermi conto come il temperamento, l'estro, la bravura costituiscono elementi ostili, vieti all'arte, la quale esige disciplina, moderazione, ubbidienza, ove conoscere i limiti della materia – per natura ribelle – renderla duttile e canora, perché risponda assoggettata, senza peraltro sacrificare il volume, la tridimensionalità delle cose. Argomenti assillanti, i quali mi hanno insegnato che solo la forma è capace di dare vita al contenuto."
Edita ha un ruolo importante nella rivista e ancor più nell'attività editoriale; le sue opere degli anni ‘20, pubblicate in «Valori plastici» sono collegate all'avanzare della riflessione teorica. I dipinti ad olio (Tramontana, Costa Sole, Montagna) purtroppo non si sono conservati e possiamo immaginarli solo attraverso il commento di Savinio al ‘rigore francescano' delle tele. Con il gruppo di "Valori Plastici" espone alla Fiorentina primaverile (1922), presentata da Savinio, accanto a Bucci, Carrà, Chini, Conti, De Chirico, De Grada, Dudreville, Francalancia, Martini, Melli, Morandi, Semeghini, Viani: la sua pittura è ricca di suggestioni internazionali, dalla cultura dell'avanguardia russa (soprattutto l'acmeismo) al Blaue Reiter, al primitivismo. Più tardi compie una decisa svolta aderendo alla corrente del "Realismo magico".
Edita era una donna strana ed enigmatica. Ricordo che una notte, io con Broglio ed alcuni nostri amici eravamo andati a passeggiare dalle parti di Valle Giulia. Era tardi forse mezzanotte. Broglio ci aveva detto che aveva lasciato Edita a casa. Ad un certo momento abbiamo sentito un canto misterioso che veniva da un albero vicino a noi, ci approssimammo e vedemmo Edita a cavallo su un grosso ramo che cantava una aria strana con gli occhi che guardavano le stelle. Ora io mi domando come si può stare a casa e allo stesso tempo su un albero che distava parecchi chilometri dalla casa di Edita (Giorgio de Chirico, 1973).
Negli anni Trenta l'attività espositiva dell'artista non è molto intensa. La ‘poetica del frammento' e la ‘ricerca dell'unità' – come nota Mario Quesada (1991) – la isolano nel panorama dell'arte italiana del Novecento (due soli artisti, Morandi e Martini possono esserle affiancati); l'antico sogno di carpire i segreti valori della luce e le sue proprietà fenomeniche si spinge ora verso forme costruttive. L'artista si dedica ad un lavoro di studio delle norme della pittura degli antichi (Giotto, Piero della Francesca, i trecentisti, ecc.).
Dopo il '35 Edita apre un atelier insieme al marito, la ricerca pittorica dei due artisti si fonde, il loro lavoro è a quattro mani. È presente alla III Quadriennale (1939) con lo pseudonimo di "Rocco Canea" e anche nel dopoguerra prosegue la sua ricerca con coerenza, firmando i lavori con lo stesso pseudonimo.
Quando Mario Broglio muore il 22 dicembre 1948, Edita trascorre il periodo della vedovanza a San Michele di Moriano in provincia di Lucca, riappropriandosi delle sue ricerche espressive; vi dipinge la serie delle
Ore del giorno e nature morte in tonalità musicale. Rivisita in questi anni l'esperienza russa dell'esordio, le vicende degli artisti legati al "Mondo dell'arte" (in particolare
Mstislav Dobužinskij, Ivan Bilibin e
Leon Bakst), le sonate di Michail Čurlionis, l'immaginario simbolista e la tavolozza suntuosa di Michail Vrubel', la ricerca verso l'astrattismo di Vasilij Kandinskij; riprende anche le letture giovanili (Blok, Mandel'štam, Dostoevskij). A San Michele, luogo di meditazione profonda e di feconda produttività, rimane fino al 1955, anno in cui si trasferisce a Roma, dove mantiene in vita per qualche tempo le edizioni di Valori Plastici.
Nel 1959 è presente alla Quadriennale romana; nel 1967 espone a Firenze alla mostra "Arte italiana, 1915-1935", curata da Carlo Ludovico Ragghianti.
Nel 1974 (quasi novantenne) si lascia persuadere a mettere ordine nell'archivio di Valori Plastici, e collabora con il poeta e pittore Georges de Canino.
Muore a Roma il 19 gennaio 1977, giorno di San Mario, ed è sepolta nel cimitero acattolico di Testaccio.
Pubblicazioni
Commenti sull'arte russa,
«Valori Plastici», a. III, n. l, Roma 1921, pp. 21-23.
Prefazione a M. Broglio,
Dove va l'arte moderna?, Spoleto, Valori Plastici, 1950.
La "Terza Saletta", «Il Contemporaneo», Roma 18 luglio 1956.
Riassumo, nel catalogo della mostra
Edita Broglio, Firenze, La Strozzina, 1971.
A colloquio..., in S. Orienti,
Il ritorno di "Valori Plastici", «La Fiera Letteraria», Roma 14 gennaio 1973.
Mario Broglio, manoscritto inedito, Archivio di Valori Plastici, Roma, s.d. (ma seconda metà anni ‘70).
Da Vitebsk verso il mondo,
«Realtà sovietica», a. XXIV, n. 11, Roma novembre 1976, pp. 46-49.
L'esordio della rivista "Valori Plastici",
«Strenna dei romanisti», Roma agosto 1977, pp. 68-70.
Alla ricerca di Savinio,
registrazione del febbraio 1976, in parte pubblicata da D. Fonti in
Alberto Savinio, catalogo della mostra, Roma 1978, pp. 15-17.
Hebdomero, «L'Informatore librario» a. VIII, n. 6, Roma giugno 1978, pp. 14-15.
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Donne d'arte: Storie e generazioni, a cura di M. A. Trasforini, Roma, Meltemi, 2006.
Arte in due. Coppie di artisti in Europa - 1900-1945 (Torino, 14 Marzo - 8 Giugno 2003), a cura di L. Mattarella, E. Pontiggia, T. Sparagli, Milano, Mazzotta, 2003.