Accede all’Accademia Imperiale di Belle Arti di San Pietroburgo nel 1876, come allieva del celebre pittore di scene di battaglia Bogdan Pavlovič Villeval’de. Nel 1881 e nel 1882 riceve due medaglie d’argento (Kondakov 1914, 11). Figlia di un tenente dell’armata del Don, spesso i suoi dipinti ritraggono scene tratte dalla vita dei cosacchi (l’incisione Kazak [Il cosacco] viene comprata da Vittorio Emanuele II, Doncy XIX veka…, 124). A partire dal 1894 si stabilisce a Roma, dove allestisce uno studio pittorico ed espone i suoi quadri. Così ritrae l’atelier e l’artista Vl. Žabotinskij, in un bozzetto intitolato G. ža Krasnuškina [La Sig. ra Krasnuškina]):
Ampio, lo studio della signora Krasnuškina al momento è praticamente vuoto. Una decina di piccoli studi a colori e matita sono sparsi lungo le pareti, e questo è quanto.
- Come vede, non ho praticamente niente qui – proferisce venendomi incontro l’artista.
- È vero che vi apprestate ad esibire un vostro quadro, il marzo venturo, alla Società d’arte di Pietroburgo?
- Il quadro per ora esiste solo nella mia immaginazione… e sì, anche in questa foto.
La signora Krasnuškina mi mostrò due piccoli abbozzi su cartone, da utilizzare come studi per il futuro quadro. In uno dei due era stata fotografata con grande maestria una giovane dal viso pensieroso e velato. Nell’altro un ragazzino sui dodici anni, perfettamente abbigliato nella sua veste da paggio; la testa reclinata, la posa timida del piccolo accigliato, l’espressione dei suoi occhi, lasciavano intuire che nel quadro egli avrebbe guardato di lato l’amata padroncina e che, a modo suo, avrebbe patito per la sua tristezza.
- Il quadro s’intitolerà Sogni, - disse la signora Krasnuškina. Vestiranno abiti di età medicea. Ha posato per me una conoscente, perché una modella non sarebbe mai stata capace di una simile posa. Il paggio è bravino, vero? Ne conosco a bizzeffe di ragazzini così.
Quasi a rafforzare le parole dell’artista, di lì a due minuti si udì un rumore e si affacciò alla porta la testa riccioluta di un giovane ciociarino, apparso con l’unico fine di chiedere alla signora un soldo, sebbene non ne avesse motivo alcuno.
Sono stata io a viziarli – sorrise la Sig. ra Krasnuškina, quando il ciociarino disparve (Žabotinskij 1898).
Nella primavera del 1906 l’artista partecipa alla mostra di artisti russi allestita presso la Sala di Lettura di Via Gregoriana, l’evento è recensito sulle pagine de «Il giornale d’Italia»:
Nella sala di lettura di Via Gregoriana gli artisti russi residenti a Roma hanno organizzato una mostra. […] Quella Ruskaia citalnaia [sic] è una istituzione veramente simpatica e utile. Mancava a Roma un luogo di riunione ove molti intellettuali russi – artisti e musicisti, letterati o professori – potessero incontrarsi, conoscersi e anche farsi conoscere al popolo che li ospitava. La colonia russa, specialmente quella più colta, che vive di studio e di lavoro, mancava di unità e i suoi membri vagavano dispersi di caffè in caffè, quasi ostili l’uno all’altro, poco noti alla popolazione e poco desiderosi di farsi conoscere da lei. […] Questo primo tentativo di una mostra di opere d’arte, è stata dunque una buona idea, un’idea che mi auguro porti buoni frutti e sia il germe d’imprese più complete e più vaste. Fra le tele esposte sono soprattutto notevoli gli studi di paese del Kolmikow, un simpatico impressionista dalla tecnica larga e dal colorito armonioso; due quadri e alcune acqueforti divinamente disegnate della signorina Krasnuschkina; i pastelli del Glicenstein, di cui si ammirano anche due forti lavori di scultura; i ventagli floreali del Belin di cui mi piace citare fra gli altri una delicata armonia bianca e verde di fiori d’eucaliptus; un tramonto egiziano pieno di poesia del Bakalowicz; due paesi di Alessandro Swiedomsky, e due altri del Yugianine, le acqueforti dello Knuckiel, e molte e molte altre che rendono la piccola mostra degna d’interesse e d’incoraggiamento. Il quale incoraggiamento, che non dovrà mancarle da parte del pubblico italiano, potrà permetterle un giorno di offrirci una esposizione d’arte in cui tutte le attività russe, che non sono scarse né di scarso valore, possano essere degnamente rappresentate. («Il giornale d’Italia», 22 marzo 1906).
Pur vivendo in Italia E. Krasnuškina trascorre l’estate in Russia, dove seguita a lavorare a soggetti tratti dalla vita e dalla natura locali.