Russi in Italia

Vera Michajlovna Natenson

Vera D'Angara


Luogo e data di nascita: Elizavetgrad, 7 settembre 1886
Luogo e data di morte: Roma, 14 settembre 1971
Professione: illustratrice, scrittrice, attrice


Figlia di Michail Grigor’evič Natenson, alto funzionario delle ferrovie, trascorre la giovinezza nella Siberia centrale e studia a Irkutsk, dove il padre lavora. A circa vent’anni si sposta in Europa, sposa Pёtr Jakovlevič Efron (1884–1914), fratello del marito di Marina Cvetaeva. Notizie frammentarie sulla sua vita s’incontrano nelle lettere della famiglia Efron, con cui vive a Parigi negli anni Dieci insieme al marito, ma anche nelle Memorie di Anastasija Cvetaeva e nel diario di Maksimilian Vološin. La sua esistenza nella famiglia Efron non è felice, ha cattivi rapporti con le sorelle e la madre del marito, vorrebbe fare l’attrice, senza successo Vološin si adopera per farla entrare nel mondo teatrale. Dopo la nascita della figlia Irina che muore di pochi mesi, nel 1912 si separa da Efron, che malato di tubercolosi ritorna in Russia per morirvi poco dopo.

Nel 1913 sposa Il’ja Lazarevič Erenburg, nato a Char’kov nel giugno 1887, che si interessa d’arte e fa politica nel partito menscevico, per cui è arrestato nel 1907-1908. Successivamente si reca a studiare a Monaco e a Parigi, dove organizza per i menscevichi conferenze retribuite sull’arte europea e stabilisce rapporti amichevoli con Georgij Čičerin, futuro ministro degli esteri. Cugino di primo grado dello scrittore I. G. Erenburg, con il quale è talora confuso, partecipa ad una sua iniziativa, la rivista letterario-artistica “Helios”, dedicata all’arte contemporanea, di cui usciranno solo 2 numeri nel 1913 e nel 1914. Alla redazione collaborano lo scultore Lev Gal’perin, il poeta e pittore Oskar Leščinskij, l’artista ciuvascio Petr Čičkanov. Nel primo numero del 1913 è presente tutto il clan Erenburg: Il’ja Grigor’evič pubblica alcune poesie, Il’ja Lazarevič l’articolo Pensieri autunnali (Osennie mysli), ispirati al Salon d’automne, in cui riflette sulle ricerche degli ultimi ismi parigini (si firma I. El’), mentre la sorella Natalija Lazarevna, in seguito famosa storica dell’arte, edita il saggio L’arte popolare (Narodnoe tvorčestvo), firmando N.I. Seguace di Cezanne, diventa un pittore affermato nell’ambiente artistico di Parigi.
Allo scoppio della Prima guerra mondiale i coniugi si trasferiscono in Svizzera, a Losanna, dove nasce il figlio Georgij. Qui nell’ottobre 1916 Vera Michajlovna partecipa, verosimilmente con il marito, ad una mostra di pittori russi e polacchi, nella quale espone alcuni ritratti con lo pseudonimo di Vera Ravič (dal cognome della madre). Dopo la rivoluzione di febbraio 1917, quando il marito rientra in Russia (morirà in circostanze non accertate nel 1920), rimane con il figlio a Losanna e si dedica alla propria attività artistica, esponendo (sempre con lo pseudonimo Ravič) alcuni acquarelli in una mostra collettiva del 1919 accanto ai pittori svizzeri François-Emile Barraud, Alexandre Cingria, Otto Vautier il giovane e altri.
In Italia il nome Ravič (Ravitch) appare per la prima volta nel 1921 tra gli interpreti del film L’isola scomparsa di Pietro Silvio Rivetta (1886-1952). Personaggio multiforme e intraprendente, erede di una ricca famiglia aristocratica del Monferrato, Rivetta (noto anche con lo pseudonimo di Toddi) esordisce come giornalista sulle riviste “L’Epoca”, “Noi e il mondo” e “La Tribuna illustrata”; insegna giapponese all’Istituto Orientale di Napoli, conosce 14 lingue. All’inizio degli anni Venti sconfina nel mondo del cinema, apre la casa di produzione Selecta-Toddy, dove svolge i ruoli di regista e sceneggiatore. È qui che ritroviamo accanto a lui Vera Michajlovna come prima attrice e illustratrice (disegna molti manifesti dei film prodotti) con lo pseudonimo di Vera D’Angara (dai ricordi di Asja Buckaja, lo pseudonimo era stato preso dal nome del fiume siberiano Angara).
La Selecta-Toddy produce senza molto successo 12 film muti, in sette dei quali Vera Michajlovna interpreta il ruolo principale: Il castello dalle cinquantasette lampade (1920), Al confine della morte (1922), Le due strade (1922), Il miracolo dell’amore (1922), Fu così che... (1922), L’amore e il codicillо (1923), Dva sapoga para (1923). La critica italiana apprezza poco l’attività registica di Rivetta, salva solo il film Dva sapoga para, segnalando l’originalità della storia, ideata da Vera Michajlovna, di un paio di scarpette che portano fortuna all’eroina.

Nel 1926 entra in contatto con la Casa d’arte Bragaglia e esordisce al Teatro degli Indipendenti come traduttrice dal russo e attrice della pièce La provinciale di Ivan Turgenev.

Successivamente la sua attività si lega sempre più strettamente a quella di Rivetta: quando questi dal 1929 diventa direttore della rivista Il Travaso delle idee, quasi in ogni numero appaiono caricature e copertine di Vera D’Angara (d’altronde già nel 1922 aveva cominciato a disegnare le copertine di “Noi e il mondo”). Nel 1941, quando per iniziativa di Rivetta viene fondata la Società degli amici del Giapponе e pubblicata la rivista “Yamato”, di cui è direttore, inizia ad occuparsi anche di cultura giapponese e tiene le rubriche “Conversazioni femminili” e “Scene di vita giapponese”.

Dopo la Seconda guerra mondiale l’artista continua a lavorare come grafica e illustratrice, entra in contatto con alcuni rappresentanti della colonia russa di Roma, in particolare con il pittore Vadim Falileev e l’archeologa Tat’jana Varšer. Nel 1947 prende parte all’esposizione Artisti russi presso la Galleria d’arte antica, dove espone insieme a Grigorij Mal’cev, Vadim Falileev e Elizaveta Rogal’-Kačura.

Il nome di Vera D’Angara è rimasto nella storia della cultura italiana: è stata attrice, scrittrice, caricaturista e illustratrice. Nel 2013 a Cuneo i suoi lavori grafici sono stati presentati alla mostra La donna immaginata. L’immagine della donna, dedicata alle artiste italiane.

I suoi nipoti Luciano, Alessandro e Annamaria, figli di Giorgio Erenburg, vivono in Italia e America

 

Pubblicazioni

D’Angara V. Momotaro. Fiabe giapponesi come sono narrate ai bimbi del Giappone / trad. da P.S. Rivetta (Toddi) ed illustrate da V. D’Angara. Milano, U. Hoepli, 1940.

 

Bibliografia

A.f. Maeterlinck e Turgenev, “La Fiera Letteraria”, 28 marzo 1926.
V. Martinelli. Il cinema muto italiano: i film degli anni Venti, “ Bianco e nero” 1981, № 4–6, p. 39.

A. Alberti, S. Bevere, P. Di Giulio, Il Teatro Sperimentale degli Indipendenti (1923–1936), Roma, Bulzoni, 1984.

B. Fresinskij, Skreščenie sudeb, ili dva Erenburga (Il’ja Grigor’evič i Il’ja Lazarevič), “Diaspora” 2001, № 1, pp. 146-178.

Non solo dive: pioniere del cinema italiano, a cura di M. Dall’Asta, Bologna, Ed. Cineteca di Bologna, 2008.

Women Screenwriters: An International Guide, eds. J. Selbo, J. Nelmes, London; New York, Palgrave, 2014.

Bystrova T.A. Vera Ravič nella stampa periodica italiana 1920-1940, in Aktual’naja Cvetaeva 2014: il 1914 nella vita di Marina Cvetaeva, Moskva, Dom-muzej Mariny Cvetaevoj, 2016, pp. 277-284.

P. Pallottino, Le figure per dirlo. Storia delle illustratrici italiane. Treccani Libri 2019.

 

Link

Буцкая А. Vospominanja // “Mecenat i mir” 2014. № 57–60 http://www.mecenat-and-world.ru/57-60/buckaya.htm (18.11.2022)

M.G. Talalaj, E.V. Titov, Erenburg (née Natenson) Vera, pseud. Ravitch, d'Angara https://artrz.ru/1805390678.html (18.11.2022)

 

Antonella d’Amelia

Scheda aggiornata il 18 novembre 2022



Copertina del volume di Vera D'angara Momotaro. Fiabe giapponesi... (Hoepli, 1940)



Manifesto del film Due strade (1922), interpretato da Vera D'Angara



Vera D'Angara al Teatro degli Indipendenti nel 1926 (foto di scena)



Copertina di un numero della rivista "Yamato" (1941), alla quale collabora D'Angara



Copertina, disegnata da Vera D'Angara, di un numero di "Il Travaso delle idee" (1931)



Pietro Silvio Rivetta nel secondo dopoguerra



Indietro
Statistiche