Nato a Kiev in una famiglia ebrea benestante, Erenburg trascorre l'infanzia e l'adolescenza a Mosca, dove il padre gestisce una fabbrica di birra. Con il compagno di scuola Nikolaj Bucharin milita nella clandestinità bolscevica finché nel 1908, non ancora diciottenne, viene arrestato ed è costretto ad abbandonare la Russia. Stabilitosi a Parigi, entra in stretto contatto con le massime autorità del partito, Lenin lo soprannomina Il'ja Lochmatyj ("Il'ja lo scapigliato"), ma la scoperta della poesia lo distoglie dalla politica, a cui preferisce una vita da
bohémien: frequenta il caffé "La Rotonde" a Montparnasse, dove stringe amicizia con gli artisti Picasso, Modigliani, Cocteau, Chagall, Apollinaire, Rivera.
Nel 1910 comincia a pubblicare i suoi versi e a farsi conoscere in patria, escono anche suoi racconti, traduzioni di poeti francesi e saggi di critica letteraria; durante la Prima guerra mondiale scrive
reportages dal fronte per giornali russi e francesi.
Rientra in Russia nel 1917
dopo otto anni di esilio. Qui si sposta tra Pietroburgo, Mosca, Kiev e Koktebel', e infine nel 1921 lascia nuovamente la Russia per tentare di tornare in Francia con la moglie, Ljubov' Michailovna Kozinceva, una giovane pittrice di Kiev, sposato nel 1919 che gli rimarrà accanto tutta la vita.
Ljubov' Michailovna Kozinceva ritratta dal marito
Rifiutati dalle autorità francesi, gli Erenburg si stabiliscono a Berlino, dove frequentano l'emigrazione russa e dove Il'ja scrive e pubblica molto: romanzi, poesia, teatro, critica letteraria, traduzioni, ecc. La pubblicazione nel 1922 a Berlino e poi a Mosca del suo primo romanzo
Neobyčajnye pochoždenija Chulio Churenito i ego učenikov (
Le straordinarie avventure di Julio Jurenito e dei suoi discepoli) gli dà fama internazionale e un certo agio economico, confermandone il profilo controverso dal punto di vista ideologico. Oltre a scrivere molto, lo scrittore si prodiga affinché vengano pubblicati in Occidente autori rimasti in Unione Sovietica, come Boris Pasternak, Marina Cvetaeva, Evgenij Zamjatin e altri, mantenendosi al di fuori degli schieramenti dell'emigrazione e svolgendo un ruolo di mediatore tra la nascente cultura sovietica, gli intellettuali emigrati e le avanguardie europee occidentali. S'inserisce un questo tipo di attività il progetto
Vešč' (
Objet - Вещь - Gegenstand), rivista sull'arte contemporanea creata insieme a El' Lisickij, che si propone come strumento di dibattito tra tutte le correnti artistiche contemporanee, dando voce alle avanguardie europee aldilà delle frontiere nazionali.
Nonostante la grande produttività degli anni berlinesi, Erenburg a Berlino si sente isolato e nel 1924, non appena il governo francese riconosce lo Stato sovietico, si trasferisce a Parigi con la moglie e la figlia Irina, nata da una precedente unione.
Irina Erenburg
Sul finire del decennio, con l'avvento al potere di Stalin, lo scrittore abbandona la condizione di "compagno di strada" e mette il suo lavoro al servizio del potere sovietico, uniformando il suo indirizzo artistico ai canoni del realismo socialista. Diventa corrispondente per le
Izvestija da Parigi, dove continua a vivere fino alla fine degli anni Trenta, con una pausa importante nel 1936-37 in Spagna, dove si reca come inviato durante la guerra civile. È costretto a fuggire dalla capitale francese e a stabilirsi a Mosca per l'occupazione nazista del 1940, evento di cui offre la sua testimonianza nel romanzo
Padenie Pariža (
La caduta di Parigi, 1941), vincitore del Premio Stalin.
Durante la Seconda guerra mondiale, Erenburg lavora come corrispondente del giornale
Krasnaja zvezda, l'organo di stampa dell'Armata rossa, attività che lo rende particolarmente amato dai soldati al fronte, cui indirizza articoli intrisi di patriottismo e odio anti-tedesco. Contemporaneamente diviene portavoce della causa sovietica presso i paesi occidentali, acquistando fama come russo e come ebreo, e divenendo un simbolo della resistenza antinazista. Sul genocidio perpetrato dai nazisti nei territori sovietici durante la guerra, Erenburg scrive insieme a Vasilij Grossman il
Libro nero, tuttavia il progetto, partito nel 1944 sotto il patrocinio del Comitato ebraico antifascista, viene fermato d'autorità nel 1947 (sarà dato alle stampe solo nel 1993), alla vigilia della campagna antisemita di Stalin. Una sorte migliore spetta al suo romanzo real-socialista
Burja (
La tempesta, 1947), una panoramica sul paese durante il conflitto, che riceve il Premio Stalin.
Erenburg reporter
Dopo la guerra a Erenburg è consentito uno stile di vita del tutto eccezionale per un cittadino sovietico: nonostante un controllo costante da parte delle autorità, ha la possibilità di viaggiare e intrattenere una fitta rete di rapporti internazionali, soprattutto nella sua veste ufficiale di promotore della pace nel mondo, incarico voluto da Stalin.
Nel periodo post-staliniano, Erenburg è uno dei protagonisti del disgelo culturale sovietico, fase che prende il nome dal suo romanzo
Ottepel' (
Il disgelo, 1954) e che vede tra i fenomeni più significativi la pubblicazione delle sue memorie
Ljudi, gody, žizn' (
Uomini, anni, vita). In quest'opera, uscita a puntate su
Novyj mir dal
1960 al 1964, l'autore ripercorre tutta la sua vita attraverso i viaggi e gli incontri che l'hanno attraversata, riflettendo sugli eventi più cruciali del Novecento, rivelando per la prima volta al grande pubblico importanti retroscena del potere staliniano e menzionando personaggi della politica e della cultura i cui nomi erano stati rimossi dalla memoria collettiva per diversi decenni.
Muore a Mosca nel 1967.
Erenburg e l'Italia
Erenburg è un infaticabile viaggiatore e nell'arco della sua vita viene in Italia molte volte, con diversi scopi. La prima visita risale al luglio del 1909,
quando compie un viaggio di piacere in Germania, Svizzera e Italia settentrionale; attraversa il passo del San Gottardo e visita Milano assieme all'amica poetessa Elizaveta Polonskaja. È invece in compagnia della prima moglie, Ekaterina Schmidt, quando visita Firenze nel 1912, nelle sue memorie ricorda: "Il periodo trascorso in Italia è stato splendido, i soldi erano assai pochi, ma in compenso di nutrimento per gli occhi ce n'era a volontà" [
Uomini, anni, vita, libro 1, cap. 17]. Compie un nuovo viaggio in Italia nel giugno del 1924, diretto in Francia, dopo un soggiorno di alcuni mesi in Unione sovietica. Si trattiene circa un mese, visita Venezia, Pisa, Perugia, Roma e diverse località minori e trascorre una settimana in Sardegna. Si trova a Roma il 10 giugno, giorno dell'omicidio di Giacomo Matteotti, e sulla vicenda scrive il racconto
Ubijstvo Matteotti ("Krasnaja nov'", 1929). Nelle sue memorie dedica diverse pagine a questo viaggio italiano, soffermandosi in particolare a descrivere l'atmosfera politica del paese:
Io visitavo i musei, ammiravo i mosaici bizantini e per qualche giorno dimenticai la politica. Un giorno, da un momento all'altro, vedemmo in piazza Montecitorio agitarsi una gran folla. Gridavano tutti qualcosa, bruciavano i giornali. Accadeva lo stesso anche in altre piazze. Udivo gridare: "Abbasso i fascisti! Abbasso gli assassini!". La gente indignata bruciava pacchi di giornali fascisti: Il corriere italiano, Il popolo d'Italia, L'impero. Dopo qualche minuto seppi che i fascisti avevano rapito il giovane deputato socialista Giacomo Matteotti.
È difficile prevedere come reagiscono agli avvenimenti le masse; a volte l'eccidio di migliaia di vittime passa quasi inosservato, a volte l'assassinio di un uomo sconvolge il mondo intero. Nella sua semplice evidenza, l'affare Matteotti aveva la perfezione esemplare di un'antica parabola, dovunque andassi, sentivo pronunciare il nome della vittima [Uomini, anni, vita, libro 3, cap. 11, pp. 440-442].
Come nel 1924, anche nell'estate del 1926 Erenburg attraversa l'Italia di ritorno da un viaggio in Russia. Stavolta entra da Trieste e poi naviga nel Tirreno approdando a Marsiglia, ma non fa tappe significative e le poche tracce che si hanno del suo passaggio sono relative alle lettere scritte in acque italiane e ai documenti di transito, in cui si segnala che l'ingresso dello scrittore sovietico e di sua moglie in territorio italiano è raccomandato alle autorità da Ettore Lo Gatto [Archivio Centrale dello Stato, Ministero dell'Interno, Direzione generale della Pubblica sicurezza, A16 Informazioni su stranieri, 1926, b. 37, f. Ehrenbourg Ilia e Lubov].
Nel 1927, pur senza lasciare Parigi, Erenburg è coinvolto in un episodio che riguarda la cultura italiana. Entra a far parte del comitato di redazione di «900». Cahier d'Italie et d'Europe, rivista nata nel 1926 in Italia ma redatta in francese, creata da Massimo Bontempelli e Curzio Malaparte (che però abbandona subito il progetto), che attinge i suoi autori in un'area di avanguardia o vicina all'avanguardia, soprattutto al surrealismo, opponendo faticosamente un'idea cosmopolita di letteratura europea ai provincialismi dello scenario culturale italiano. Erenburg è reclutato a Parigi dal giornalista italiano Nino Frank, che si occupa dei contatti internazionali della rivista e del coinvolgimento dei nomi più in vista del suo prestigioso comitato di redazione, di cui fanno parte tra gli altri Virginia Woolf, Ramón Gomez de la Serna, Pierre Mac Orlan, Max Jacob e James Joyce. È a causa di un racconto di Erenburg, Le café Florian, uscito sul terzo Cahier del 1927, che la censura fascista decide di chiudere la rivista, che può rinascere solo l'anno successivo, ma nella sola versione italiana e privata del comitato di redazione internazionale.
Erenburg in un disegno di Picasso
Il racconto di Erenburg, che è ambientato a Venezia e descrive i muri della città e dei suoi dintorni disseminati di scritte anonime inneggianti a Lenin, risultò senz'altro sgradito al regime ma venne usato come pretesto politico per attaccare una pubblicazione scomoda nel suo complesso. L'esperienza "novecentista" di Erenburg si limita alla pubblicazione di questo racconto e alla menzione dello scrittore tra i membri della redazione di "900" nei Cahiers di primavera, estate e autunno del 1927.
Un altro sicuro passaggio di Erenburg in Italia risale al 1934, quando nel tentativo di andare da Praga a Parigi lo scrittore è costretto ad attraversare cinque diversi paesi europei, odissea ripercorsa nella prosa
Viaggio attraverso la giungla d'Europa.
La tappa italiana di quel tortuoso itinerario dura solo tre giorni e offre a Erenburg la possibilità di visitare ancora una volta Milano e di assistere a un discorso di Mussolini in Piazza San Marco a Venezia. Nella sua testimonianza, oltre a irridere la retorica del duce, i manifesti di propaganda e la condotta delle camicie nere, Erenburg muove la sua critica alla politica delle "grandi opere" del fascismo:
È interessante ed istruttivo osservare i risultati ottenuti dal regime fascista. A dire la verità non ebbi occasione di vedere le paludi bonificate e neppure i cilindri di vetro dell'accademico Marinetti, però una delle più grandi realizzazioni fasciste la potei vedere: il ponte per automobili che unisce Venezia al continente. Prima dell'"era fascista" esisteva solo il ponte ferroviario. Allora le automobili dovevano restare nei loro garage sul continente. Ora queste automobili arrivavano fino alla stazione. Là era stato costruito per loro un apposito grande garage. Il ponte è stato costruito. Rimane la questione se valesse la pena di costruirlo: tanto in automobile a Venezia non ci si può lo stesso circolare. Del resto non voglio profanare con la mia incessante critica alcune indiscutibili e sante verità (Erenburg 1945, p. 34).
Erenburg è di nuovo in Italia nel 1949, stavolta in visita ufficiale, con la delegazione sovietica del Comitato permanente della Pace, composta anche da A. Fadeev, V. Vasilevskaja e A. Kornejčuk, per una sessione italiana del "Congresso per la Pace" di Parigi. A Roma incontra Picasso e altri conoscenti coinvolti nello stesso evento, ma ha anche modo di visitare diverse città e conoscere intellettuali, artisti e politici italiani d'orientamento comunista.
Un lungo capitolo del sesto libro delle sue memorie Uomini, anni, vita è dedicato a questo soggiorno, durante il quale lo scrittore conosce personalmente i politici Sereni, La Pira, Negarville, gli artisti Renato Guttuso e Carlo Levi, scrittori e poeti come Moravia, Vittorini, Quasimodo, Pavese e i registi De Sica, Fellini, Visconti, De Santis e Antonioni. Da queste pagine trapela un rapporto di assoluta vicinanza di Erenburg con l'Italia, con la sua gente e perfino con la sua lingua:
Comunicai a Carlo [Levi] che avrei dovuto parlare all'Adriano e non sapevo che dire. Carlo sorrise: "Cosa dire lo sapete. Però, voglio darvi un consiglio: parlate in italiano!". Sorrisi: "Ma non è facile! Come per voi parlare in russo". Mi disse che avrebbe tradotto il mio discorso in italiano e che io l'avrei letto. Decisi di rischiare. Un tempo masticavo l'italiano, ma poi l'avevo dimenticato, e adesso lo capisco solo un po'. Stavamo passeggiando per la vecchia Roma. Carlo disse: "Qui abita un mio conoscente. È stato un fascista, ma tutto sommato non è cattivo e ha una macchina per scrivere. Voi parlerete in francese, e io tradurrò...". Carlo Levi aveva visto giusto. Quando la sera seguente cominciai il mio discorso in italiano, fu subito chiaro che avrei potuto dire qualsiasi banalità; un russo che parlava italiano era un fatto inaudito; se ne occuparono perfino i giornali antisovietici [Uomini, anni, vita, libro 6, cap. 18, p. 175].
Erenburg ricorda in diverse occasioni, con parole affettuose, l'amico Carlo Levi, frequentato in particolare durante un successivo viaggio a Roma nel 1960, quando lo scrittore e pittore italiano gli fa alcuni ritratti. Di questo incontro abbiamo una testimonianza incrociata dei due protagonisti. Nelle memorie di Erenburg:
Carlo Levi vive accanto al Pincio, in un grande studio, ingombro dei più curiosi oggetti. Non si sveglia mai prima delle dieci. Mi ha fatto vari ritratti: anche davanti al cavalletto sembra pigro: col pennello sfiora appena la tela, come un gatto che si lavi con la zampa.
C. Levi,
Autoritratto, 1945
Levi scrive un omaggio a Erenburg dopo la sua morte, in cui ricorda:
L'ho guardata a lungo, quella sua figura di uomo, con l'attenzione di chi dipinge, quando, nel 1960, gli feci tre ritratti (ed egli amava ripetere che dipingevo con la zampa del gatto). Quel viso (che avevo conosciuto la prima volta, forse, a Parigi nel '30; e poi, dopo la guerra incontrato molte volte, a Mosca, a Roma, nelle varie capitali d'Europa, fino all'ultima volta, due mesi fa) riuniva i segni familiari di una razza antica, la sua malinconia e amarezza secolare, la sua consapevolezza fuori del tempo, e una presenza viva e scintillante, mordente insieme e affettuosa, attuale di un'esperienza sempre rinnovata, dove si ritrovavano insieme la cultura nuova e la vita. Così la sua opera poteva essere (romanzi, discorsi, memorie) tutta una autobiografia obiettiva. Così egli poteva, malgrado tutte le tempeste, vedere le cose, e testimoniare con verità [Levi 2001, p. 175].
Durante la guerra fredda, nella sua veste ufficiale di Partigiano della Pace, Erenburg torna spesso in Italia:
Ho avuto fortuna. Dopo il 1949 sono tornato altre volte in Italia, ora per una riunione del Consiglio mondiale della pace, ora per un'assemblea della Società europea di cultura, ora per tenere conferenze in varie città, ora per un incontro della "tavola rotonda". Sono stati viaggi brevi, è vero, e sono stato costretto a trascorrere intere giornate in sale piene di fumo, ma ogni volta ho scoperto per me qualcosa che mi ha fatto cogliere con sempre maggiore acutezza la presenza dell'Italia.
Oltre ai viaggi e alle amicizie, il legame culturale di Erenburg con l'Italia assume diverse forme: l'Italia ricorre in molte sue opere saggistiche, narrative e memorialistiche; già a partire dalla fine degli Venti molti suoi libri vengono tradotti in italiano; negli anni Sessanta compaiono suoi articoli sulla rivista L'Europa letteraria di Giancarlo Vigorelli, ed egli stesso scrive in Urss sull'Italia e sugli autori italiani.
Bibliografia
I. Erenburg,
Sobranie sočinenij v 8 tomach, a cura di Irina Erenburg e Boris Frezinskij, Moskva, Chudožestvennaja literatura, 1990-2001.
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«900». Cahier d'Italie et d'Europe, 1927, n. 3.
I. Ehrenburg,
Uomini, anni, vita, 6 vv., Trad. di G. Crino, Roma, Editori Riuniti, 1961-1965.
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Massimo Bontempelli scrittore e intellettuale, Roma, Editori Riuniti, 1992, pp. 187-204.
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Massimo Bontempelli scrittore e intellettuale, Roma, Editori Riuniti, 1992, pp. 205-219.
Vjač. Popov, B. Frezinskij,
Il'ja Erenburg: chronika žizni i tvorčestva (v dokumentach, pis'mach, vyskazyvanijach i soobščenijach pressy, svidetel'stvach sovremennikov). Tom I: 1891-1923, "LINA", Spb. 1993; Tom II: 1924-1931, "BAN", Spb. 2000; Tom III: 1932-1935, "BAN", Spb. 2001.
C. Levi, "Ricordando Ilijà Erenburg", in C. Levi,
Prima e dopo le parole, a cura di Gigliola De Donato, Rosalba Galvagno, Donzelli Editore, 2001, p. 175-177.
Erenburg a Parigi, 1945
Opere tradotte in italiano
L'amore di Gianna Ney. Romanzo, traduzione integrale dal russo autorizzata dall'autore di Lia Neanova, Milano, Corbaccio, 1929; ristampe 1933, Dall'Oglio 1954, 1963, 1966; Milano, Club degli editori, 1971.
13 pipe, trad. di Iris Féline, Milano, Corbaccio, 1930; ristampe Dall'Oglio 1962, 1965.
Nel vicolo Protocny. Romanzo, traduzione di Iris Féline, prefazione di Ossip Feline, Milano, Corbaccio, 1930; ristampe 1963, 1965, 1968.
Viaggio attraverso la giungla d'Europa, traduzione di Raissa Gussmann e Nicola Vernieri, Roma, E.GI.TI, 1944; ristampa 1945.
Senza riprender fiato, traduzione e nota di Luisa Santreau, Milano, Jandi-Sapi, 1944.
Sulla via della vittoria (scritti di guerra), Bologna, A.P.E., 1944.
Il secondo giorno, trad. dal russo con un saggio di Carlo Grabher, Roma, Ed. Leonardo, 1945;
Il secondo giorno della creazione: romanzo, Milano, Bietti, 1945; ristampa 1946.
La caduta di Parigi: romanzo, Milano, La Nuova biblioteca, 1945.
La morale del nostro tempo, Bologna, A.P.E., 1945; Roma, A. Mengarelli, 1946.
La congiura degli uguali, Trad. di Bruno Maffi, Milano, Muggiani, 1946.
Kusniezk, trad. di Maria Jacobson, Milano, Corticelli, 1946.
Le avventure di Julio Jurenito: Romanzo, traduzione dal Russo di Giovanni Faccioli, Torino, Lattes, 1946 (Set, Soc. Ed. Torinese);
Le straordinarie avventure di Julio Jurenito e dei suoi discepoli: signor Delhaie ..., trad. di Vincenzo De Rosa e Renato Bussone, S. l., Drago, 1946;
Le straordinarie avventure di Julio Jurenito, trad. di Sergio Molinari, Torino, Einaudi, 1968; ristampa 1969; ES, Ginevra, 1973.
Poeti russi moderni, traduzione di Alessandra Iljina-Barbetti, Milano, Editoriale italiana, 1947.
America, Firenze, Macchia, 1947; ristampe 1948, 1949; Palermo, La Zisa, 1989.
Il leone della piazza, supplemento de
Il Dramma, periodico quindicinale, n.74, Torino, Società Editrice Torinese, 1948; ristampa 1949.
Una ragazza sovietica, Roma, Edizioni Gioventù nuova, stampa 1950.
La tempesta, traduzione autorizzata di Pietro Zveteremich, Roma, Macchia, 1950-1952.
Il disgelo, 2 vv., Torino, Einaudi, 1955-57; ristampe 1962, 1963, 1969; Milano, Mondadori, 1960.
Uomini e anni, trad. G. Crino, G. Garritano, Roma, Editori Riuniti, 1960;
Uomini, anni, vita, 6 vv., trad. di G. Crino, Roma, Editori Riuniti, 1961-1965.
Mostra di Kaplan e degli incisori russi e della scuola sperimentale di Leningrado: 24 febbraio 1962, testo di Ilia Erenburg in russo e italiano, Milano, Galleria del Levante, 1962.
L'uomo della Ceka. Romanzo, traduzione e saggio introduttivo di Giovanni Buttafava, Milano, Sugar, 1963.
Note di viaggio: India, Giappone, Grecia, Bari, Leonardo, 1964.
La tempestosa vita di Lazik, trad. di Pietro Zveteremich, Milano, Rizzoli, 1969.
Eppur si muove: per una internazionale costruttivista, traduzione e introduzione di Anna Tellini, Roma, Officina, 1983.
Il libro nero: il genocidio nazista nei territori sovietici, 1941-1945, Vasilij Grossmann e Il'ja Erenburg, traduzione dal tedesco di Luca Vanni, edizione a cura di Arno Lustiger, Milano, Mondadori, 1999; ristampe 2001, 2002, 2003, 2004, 2005.
Novelle sovietiche, di Massimo Gorki, Ilja Ehrenburg, Alessio Tolstoi, Roma-Milano, E. GI. TI., s.d.
Il piccolo comunardo.
Racconto, Roma, Ed. di Fede, s.d.