Un dettagliato rapporto dalla Prefettura di Roma dell'agosto dello stesso anno ne analizza i rapporti con la colonia dei russi emigrati a Roma:
Egli dichiaratosi ingegnere architetto ha fin qui vissuto di espedienti, provocando il risentimento dell'elemento che tiene a rialzare il prestigio morale e politico della Russia. Giornalmente frequenta il caffè Greco, dove avvicina i suoi connazionali attingendo da essi notizie sulla loro condizione, sui trattamenti ricevuti dall'Ambasciata e dalle Autorità Italiane, tanto che è ritenuto dalla colonia russa come la spia dei bolscevichi nella Capitale. Sta di fatto che egli è estraneo a tutte le manifestazioni dei suoi connazionali, quali l'Istituto Russo, la Lega Russa per il Risorgimento della Patria, e soltanto frequenta la sala di lettura russa in Via delle Colonnette 27, ove ha sede il Comitato di soccorso pro russi residenti in Italia, per esercitare la sua propaganda disfattista (ACS, PS, J5, b. 115, f. Erlich Alessandro).
In base a queste informazioni, a carico di Erlich nel settembre 1918 viene emesso un decreto di espulsione dal territorio nazionale, che però viene sospeso i primi di ottobre. Un successivo rapporto lo conferma quale attivo partecipante "a tutte le riunioni che i suoi connazionali rivoluzionari saltuariamente hanno tenuto presso la sala di lettura di via delle Colonnette e nell'abitazione del Vodovosoff Michele" (Questura di Roma, 14 agosto 1919). Nel gennaio 1920, la Questura rinnova la proposta di espulsione dal Regno, invocando i suoi continui contatti con i membri del Partito Socialista Italiano e definendolo "attivissimo, intelligente ed istruito, specie nell'arte meccanica, ciò che lo rende maggiormente pericoloso alla sicurezza pubblica".
Stavolta il decreto di espulsione viene eseguito, e coinvolge anche l'amico Michail Vodovozov, che si allontana dall'Italia insieme alla moglie; tuttavia, il giorno stesso della partenza di Erlich per la frontiera di Tarvisio, il Ministero dell'Interno comunica con un telegramma al Prefetto di Udine di farlo rientrare a Roma. La sospensione del provvedimento è probabilmente dovuta all'immediata mobilitazione di influenti deputati socialisti contro "l'arbitrario arresto, avvenuto stamane, di alcuni compagni russi, da lungo tempo residenti a Roma e che la Questura avrebbe precipitosamente estradato" (Venturi, p. 127, nota 147). Erich ritorna nella capitale il 1 febbraio, ma nell'aprile 1920 scatta un nuovo decreto di espulsione, da eseguire stavolta attraverso la frontiera del Brennero e con speciali misure, "curando altresì che dopo il fermo e fino all'uscita dal territorio Nazionale, il medesimo non riesca corrispondere comunque con chicchessia". Probabilmente il provvedimento non ha avuto seguito, perché il 30 maggio 1921 Erlich risulta a Roma, al solito domicilio, dove riceve "varie persone appartenenti ai partiti estremi" insieme a Vodovozov, "di cui è segretario ed uno dei più fidi suoi collaboratori".Nel 1926 la moglie Ines Ceccato Erlich è autorizzata a rientrare in Italia dalla Germania con il figlio Sergio di tre anni, e a ricongiungersi con la famiglia a Milano, essendosi appena divorziata dal marito e non avendo i mezzi per continuare a vivere a Berlino. Si presume dunque che Erlich in questa data viva a Berlino, mentre è certo che vi risiede nel 1929, quando una fonte confidenziale di Bruxelles (la sorella di Michail Vodovozov) riferisce alla polizia italiana che è uno dei principali dirigenti del centro d'azione comunista di Berlino che si occupa del lavoro clandestino in Italia, essendo molto bene informato delle questioni politiche italiane:
Tanto l'Erlich quanto il sig. Vodovosof durante la loro permanenza in Italia ebbero modo di conoscere perfettamente i dirigenti del partito comunista italiano: dopo la Marcia su Roma molti italiani comunisti profughi furono bene accolti a Mosca a seguito dei buoni uffici di questi due signori presso il governo sovietico (9 dicembre 1929, Divisione di Polizia Politica).
Ufficialmente è addetto alla Delegazione commerciale sovietica di Berlino e con queste mansioni arriva in Italia nel 1931, per affari di servizio presso la Delegazione commerciale sovietica di Milano. Successivamente il suo nome sparisce dagli archivi italiani e se ne perdono le tracce.