Musicista emigrato dopo la rivoluzione. Prima di stabilirsi in Italia, viaggia in Europa. Nella seconda metà degli anni Venti vive a Roma, dove presto si afferma come abile musicista di motivi popolari della tradizione russa:
Dal popolare modesto strumento sa ricavare effetti ed espressioni assolutamente impensati, tali da raggiungere alto significato estetico ed etnico. Infatti egli riproduce con abilità eccezionale e con profondità di sentimento i canti del popolo russo più armoniosi e suggestivi, le arie di danza più caratteristiche e impetuose (
Teodoro Ramsch alla Sala Sgambati, «Il Messaggero», 3 marzo 1927, p. 2).
Il 31 gennaio 1926 si esibisce al Circolo artistico, accompagnando - insieme alla pianista Ol'ga Markova - il baritono
Sergej Sadykov e il soprano Ksenija Pavlova in un duetto dall'
Evgenij Onegin di P. I. Čajkovskij e nell'esecuzione di romanze e canzoni russe. Il 3 marzo 1927 la Sala Sgambati di Roma ospita un suo concerto con un programma di musiche popolari russe tra cui il
Canto dei burlaki del Volga e il
Canto tzigano:
Dinanzi ad un pubblico sceltissimo Teodoro Ramsch ha l'altra sera svolto l'annunciato programma di musica popolare russa. La padronanza tecnica che questo singolare artista ha acquistato dell'armonica in lunghi anni di paziente studio gli ha valso anche fuori della sua patria una celebrità che è apparsa più che giustificata: egli infatti sa trarre dal suo popolare strumento gli effetti più suggestivi e varii che a volte fanno pensare alla pienezza di una orchestra, a volte alla severità mistica dell'organo, a volte alla delicatezza di un coro di archi. Il programma era interessantissimo: dal Canto dei burlaki del Volga
già noto in Italia e che è una delle più belle pagine di musica popolare, al Canto tzigano
, fu uno scaturire di melodie e di tèmi che ci dissero ancora una volte le rassegnate tristezze e dismemorati impeti giocondi del popolo russo. Gli applausi furono così entusiastici che costrinsero il Ramsch ad accordare diversi bis: dopo l'improvvisazione, nella quale il maestro dette prova del suo eccezionale virtuosismo essi si mutarono in una vera e propria ovazione che si rinnovò alla fine del concerto («Il Messaggero», 5 marzo 1927, p. 2).
Conosciuto a corte nella Russia zarista, in Italia riscuote un notevole successo sia nell'alta società romana, sia presso i regnanti, come dimostra una testimonianza dell'epoca:
Teodoro Ramsch, oggi profugo dalla Russia all'America, alla Francia, a Roma, prima della rivoluzione era popolarissimo in Russia, tanto presso il popolo quanto presso lo Zar, che spesso lo chiamava a Corte perché con l'arte sua finissima divertisse la sua tristezza. Nelle sue mani la fisarmonica, il modesto strumento popolare, assurge a funzioni di spinetta e quasi di organo. E della fisarmonica egli è veramente appassionato perché la ritiene - e in lui veramente è - lo strumento più efficace per esprimere le infinite sfumature dell'anima russa, del suo misticismo profondo e dello sfrenato impeto della danza popolare. Grazie al patronato di amici influenti la fama del Ramsch si è diffusa stabilmente a Roma e giorni sono fu invitato a Corte dove il suo successo dinanzi ai Sovrani fu veramente notevole. Rapsodo errante (come lo chiamavano in Russia) egli aggiunge ora al suo temperamento di pellegrino delle steppe deserte la nostalgia della patria perduta («Il Tevere» 1927, p. 5).
Nel suo repertorio infatti "si manifesta e si afferma l'anima russa", si sente forte l'eco della "sua terra" natale, "nella tristezza e nella letizia, sia nei canti e nelle danze popolari, sia nelle improvvisazioni" («Il Tevere», 31 maggio 1927, p. 5).
BibliografiaT. Ramsch alla Sala Sgambati // «Il Messaggero». 1927. 5 marzo. P. 2.
Teodoro Ramsch alla Sala Sgambati // «Il Messaggero». 1927. 3 marzo. P. 2.
Io. Te. Gran mondo romano // «Il Tevere» 1927. 31 maggio. P. 5.
Nota
Nelle fonti italiane si incontra Teodoro Ramsch, Ramsce.
Fonti archivistiche
Biblioteca Nazionale Centrale di Roma.
Archivio della Biblioteca Gogol'.
Laura Piccolo, Bianca Sulpasso