Al pubblico la vicenda è sembrata appesantita dall'esuberanza degli elementi folcloristici e dal grigiore di incubo che pervade tutta la vicenda e che risponde piuttosto a uno scopo polemico attuale e non allo spirito dell'opera originale.
Mario Gromo scrive sulla «Stampa»:
L'uragano ha giustamente deluso. Puntatine polemiche, abbastanza facili, direi quasi ingenue, verso quel vecchio mondo del dramma dell'Ostrowsky dal quale il film è tratto; e una regia accuratissima che sovente indulge a una convenzione cinematografica non sempre disssimulata da inquadrature scorciate violentemente.
La delusione della critica nei confronti del film è dovuta soprattutto al confronto con alcune innovative produzioni della cinematografia sovietica contemporanea, fra cui Putevka v žizn' (Il cammino verso la vita, 1931 di Nikolaj Ekk), presentato con successo a Venezia due anni prima, il cui ricordo è ancora vivo nella stampa locale, come si legge sulla «Gazzetta di Venezia» del 13 agosto 1934:
Vladimiro Petrov ha rielaborato col cinematografo l'azione drammatica di Ostrovski e ne è uscita un'opera solida, consistente, atteggiata a quel solenne fatalismo del vecchio teatro russo con quel sapore e quel gusto della rappresentazione che questo grande popolo ha nell'animo e nel sangue. La tecnica del film riesce mirabile per inquadrature, per forza espressiva, per vigore e colore di scorci, tuttavia non presenta quel saggio ineffabile di Verso la vita, quella prepotenza di indagine lirico-documentaria che costituisce la nuova tecnica del cinema sovietico. Qui si tratta di un'opera di vecchia tecnica, vigorosa e talvolta di efficacia indimenticabìle, virtuosa, ma superata, o perlomeno troppo densa e ferma; il movimento si attende come vantaggiosa espressione drammatica, come liberazione. Ma il dramma, e con ciò il regista, gioca sul materiale umano modellato con sapienza, costruito con penetrante intuizione. Si finirebbe col fare gli oziosi, e ricercare i migliori tratti di umanità nelle figure, tanto i personaggi sono tutti aderenti al loro tipo.
Il giudizio sull'Uragano si estende quindi a tutti i film sovietici presentati in quell'edizione. Corrado Pavolini scrive:
Le pellicole russe date alla Biennale hanno ottenuto un esito clamoroso: forse più clamoroso del giusto. Non vorremmo in nessun modo offendere quei registi proletarii, ma la nostra umile impressione di spettatori è che essi si vadano, dal punto di vista dell'intransigenza cinematografica, imborghesendo un poco. Nell'Uragano ci è toccato di vedere persin un primissimo piano di bacio all'americana; e, où sont les neiges d'antan?, dove le glorie di un Eisenstein o d'un Pudovkin? Senza la scena iniziale dell'orgia di nozze, e senza la siesta pomeridiana della grossa Varvara con la sua indimenticabile calza a righe orizzontali, questo sarebbe proprio un uragano in un bicchier d'acqua («Scenario», settembre 1934).
La divergenza di opinioni fra pubblico e critica nei confronti del film appare ancora più marcata in alcune scene, come in quella menzionata da Pavolini del bacio notturno, coronata sì da un lungo e sentito applauso da parte degli spettatori, ma bollata da Marco Ramperti come "una volgare cartolinetta plenilunare". A Mostra conclusa, il film si aggiudica insieme alle altre pellicole sovietiche in concorso la Coppa della Biennale come "migliore presentazione del paese". Il regista Grigorij Rošal' ricorda così la reazione del pubblico alla proiezione del film di Petrov:
L'uragano fu accolto benissimo, anzi direi trionfalmente. Gli applausi durarono a lungo. La gente si accalcò intorno a Petrov, che fu immortalato da decine di fotografi. Molti chiesero l'autografo a Vladimir Michailovič. Šumjackij si sentiva il festeggiato. Mi colpì il ritegno di Petrov, il modo elegante e discreto con cui accolse tutti quegli applausi e quelle acclamazioni. Šafran ed io lo coprimmo di baci e stringemmo la mano anche a Boris Šumjackij. Petrov fu circondato dai giornalisti. Parlava con loro senza interprete. Chiedevano degli attori, del suo modo di lavorare, del cine-operatore, della musica, delle scenografie. Petrov rispondeva a tutti in maniera esauriente, senza alzare la voce né fare un movimento di troppo. Direi che molti dei presenti iniziarono a guardare Petrov con occhi differenti. Nel complesso fu un vero successo (Rošal' 1974, p. 245).
Il manifesto del film Groza (L'uragano) presentato dall'URSS nel 1934 alla II Mostra internazionale d'arte cinematografica della Biennale di Venezia.