Astronomo, conoscitore di molte lingue tra cui l'italiano, che parlava perfettamente con un lieve accento romanesco, Lebedincev è descritto da
Michail Osorgin come un giovane colto, originale e bellissimo, che era solito dire: "In Italia sono un anarchico, in Russia un socialista rivoluzionario" (Di Paola 1988, p. 142).
Viene una prima volta in Italia nel 1901, inviato dal padre, Vladimir Lebedincev, primo Presidente dei Tribunali di Odessa, in viaggio di piacere e di studio, poi nel 1903, quando ha un ruolo nelle agitazioni per la venuta dello zar. Terminati gli studi di matematica e astronomia, Lebedincev è assunto presso l'osservatorio astronomico di Pulkovo e inviato dal governo russo in Spagna per una missione scientifica. Coglie l'occasione per tornare in Italia, dove arriva nell'estate 1905, fermandosi circa un anno a Roma.
Scrive Osorgin che "la popolarità di Lebedincev in Italia era molto considerevole non solo nei circoli socialisti, nel significato più ampio di questo termine, ma anche fra molti radicali e fra massoni, che conoscevano molto bene la sua concezione rivoluzionaria" (Tamborra 2002, p. 226). In particolare Lebedincev diventa amico del deputato socialista, poi direttore del quotidiano "Avanti!" Oddino Morgari. Scrive sul quotidiano con lo pseudonimo di Cirillo, con cui era conosciuto tra i russi della colonia romana. Nella capitale frequenta i socialisti di via delle Marmorelle, lavora all'osservatorio, traduce in russo articoli italiani di propaganda socialista da far pubblicare e distribuire clandestinamente ai compagni di partito. Nell'ottobre 1905, dopo un tentato suicidio, è raggiunto a Roma dalla madre, che lo assiste in Via Sistina.
Dopo un breve viaggio in patria, nel 1906 è di nuovo a Roma e poi a Nervi. Qui si prepara al rientro clandestino in Russia, dove intende realizzare un attentato contro lo zar, quindi nella primavera 1907 lascia la Liguria con documenti falsi.
Aderisce alla formazione combattente Gruppo armato volante delle regioni del nord, i cui intenti terroristici sono rivelati alla polizia russa dal "provocatore"
Evno Azev: Lebedincev viene arrestato il 7 febbraio 1908 a Pietroburgo con l'accusa di aver progettato l'attentato contro il ministro della giustizia I.G. Ščeglovitov e dieci giorni dopo è impiccato con sei complici a Lisij nos, sul golfo di Finlandia. La vicenda ispira
Il racconto dei sette impiccati di
Leonid Andreev, che modella sulla sua figura il personaggio di Werner.
Lebedincev era giunto in Russia grazie a un passaporto italiano e dopo l'arresto, avendo rifiutato di rivelare la sua vera identità, era stato processato come il dott. Mario Calvino, ingegnere agronomo e giornalista ligure, padre dello scrittore Italo. Sullo strano caso Lebedincev-Calvino la polizia italiana svolse un'accurata indagine: fu chiarito che Mario Calvino, "socialista, massone, con simpatie anarchiche", aveva conosciuto Lebedincev e aveva accettato di aiutarlo a rientrare in Russia, circostanza che lo costrinse in seguito a lasciare l'Italia per molti anni.
Nota
La ricca documentazione relativa all'affare Lebedincev-Calvino, conservata presso l'Archivio centrale dello Stato di Roma (CPC, f. Mario Calvino) e pubblicata recentemente da Stefano Adami (
http://escholarship.org/uc/item/8qm3b0q3), contiene dettagli interessanti dei soggiorni italiani di Lebedincev.
Bibliografia
M. Osorgin,
Neizvestnyj, po prozvišču Werner,
«Na čužoj storone
», 1924, n. 4, pp. 191-203.
C. Di Paola,
Leonid Andreev tra storia e letteratura, «Europa Orientalis», n. 7 (1988), pp. 137-158.
C. G. De Michelis,
E Calvino sia impiccato, «La Repubblica», 25 marzo 1989, p. 28.
A. Becca Pasquinelli,
M. Osorgin, giornalista russo in Italia tra socialismo e anarchia (1908-1916), «Europa Orientalis», n. 9 (1990), pp. 367-389.
A. Tamborra,
Esuli russi in Italia dal 1905 al 1917. Riviera ligure, Capri, Messina, 2
a ed., Soveria Mannelli (Cz), Rubbettino, 2002, pp. 226-229.
S. Adami,
L'ombra del padre. Il caso Calvino, «California Italian Studies», Volume 1, Issue 2, 2010.