La corrispondenza permette di ricostruire, in una certa misura, il soggiorno in Italia di Voronkova: residente a Roma (via Piramide Cestia, 41) si reca sovente in località balneari per ragioni di salute (lettera a Zanotti-Bianco da Viareggio del 1 agosto 1916), mentre nel 1919 la sua presenza è attestata a Firenze (lettera a Zanotti-Bianco del 19 gennaio 1925). Impartisce lezioni di russo a Zanotti-Bianco, traduce dal tedesco e dall’inglese, si occupa con calore dei compatrioti in difficoltà. Nel 1916 scrive in merito ai maltrattamenti degli ebrei in Russia:
Le ho scritto nella mia prima lettera saluti da parte di Lima Pizzorno, nella casa di essa S.ra Ravizza ha passato sue ultimi anni di vita. Lima di nascita è una ebrea russa ed essa ha speranza che con suo aiuto caro Zanotti, si potrebbe mandare un protesto, firmato da note persone, allo Zar o governo russo contro il maltrattamento degli ebrei. Ci sono dei fatti rivoltanti. Come per esempio questo che un soldato gravemente ferito hanno trasportato a Mosca e dopo aver constatato che lui è ebreo l’hanno subito rimandato. È possibile di essere un freddo testimonio di simile ingiustizia? [Lettera del 6 settembre 1916].
Nel 1940 si rivolge a Zanotti-Bianco per aiutare Eugenia Peacock, caduta in disgrazia con le autorità locali (lettera del 24 novembre 1940; lettera del 5 dicembre 1940).
Negli anni Quaranta si lega all’ambiente artistico di Villa Strohl-Fern, ritrovo di artisti della più varia provenienza. Vi accede tramite la figlia Svetlana, che a Villa Strohl-Fern prende lezioni dal pittore Vladimiro Franchetti (1887-1969), marito di Lidija Trenina, rinomata scultrice:
Svetlana è occupatissima. Va ogni mattina a scrivere a macchina da una signora, deve saper in inglese francese e tedesco. Come pagamento è zero: 0,75 per pagina piena, 0,40 o 0,50 per mezza, guadagnerà si e no centocinquanta l. al mese, perdendo tutta la mattina. Dattilografa e ha imparato in Inghilterra il buon metodo [?]. Poi pranza in fretta e qualche volta neanche, non ha tempo, va subito da Franchetti, due ore di lavoro di pittura la riconforta [lettera a U.Zanotti-Bianco del 16 febbraio 1940].
Villa Strohl-Fern era stata adibita a città-atelier d’artisti dal proprietario, l’alsaziano Alfred Strohl. Ne ricorda l’atmosfera effervescente e misteriosa Corrado Maltese in un articolo pubblicato su «Il Messaggero» in occasione della morte di Strohl (19 febbraio 1927).
La villa di Strohl-Fern è sempre stata considerata come un angolo di Roma un po’ misterioso, molti sapevano ch’essa era la proprietà e la dimora di un solitario alquanto originale di carattere, ma pochi si son lasciati vincere dalla curiosità di salire l’erta che fiancheggia a sinistra la villa Borghese, e che vi conduce attraverso numerose giravolte per guadagnare la sommità del piccolo colle, che essa ricopre col suo verde manto di alberate.
Il luogo, più che ad altri, era noto agli artisti i quali tutti coltivavano la segreta, ardente aspirazione di occupare un giorno o l’altro uno dei numerosi studi di pittura e di scultura edificati dal proprietario nella sua villa, con sentimenti di vero mecenatismo in luogo di basso calcolo speculativo («Il Messaggero» 22 febbraio 1927).
Alla sua morte Strohl lascia la Villa in eredità alla Francia, con l’obbligo di conservare l’unità paesaggistica, raccogliervi le sue sculture in museo, pubblicare i suoi manoscritti. Nel 1931 il piano regolatore di Roma destina Villa Strohl-Fern a parco pubblico, con obbligo non aedificandi e vincolo di esproprio (nel 1957 il governo francese vi edificherà il liceo Chataubriand, dove ha sede ancora oggi).
Nelle lettere accorate di Voronkova a Zanotti-Bianco si rivivono i momenti difficili attraversati dagli artisti di Villa Strohl-Fern in quegli anni:
Carissimo Zanotti,
Lo sa, come mi fa pena gli abitanti di Villa Strolfern. Prima hanno messo una commissione, separata del governatorato. Adesso però è di nuovo sotto il governatorato e cominciarono i guai. Lei e Aiace conoscete bene il governatore, chi è così terra à terra, fuori di interessi materiali niente esiste per lui. Ha fatto aprire al pubblico; eccetto i ragazzacci si vede poco. A traverso il cancello dove finisce la Villa nel desabitato possono entrare mala gente. Poi ha dato ordine di tagliare i pini, e questi enorme canne, e poi si caccerà i pittori [Lettera del 5 ottobre 1940].
Il 12 novembre la villa viene espropriata dal governo italiano, di lì a breve Voronkova annota:
Si vede che qualcuno ha bisogno di legno, perché tagliano bellissimi alberi alla villa Strolfern. Oggi una commissione dei pittori di Villa Strolfern (i più noti) hanno un appuntamento con Bottai, per diffondersi se lui davvero come tutti dicono, anche Lo Gatto, è un uomo d’ingenio, prenderà buoni decisioni per i poveri pittori, chi hanno fatto glorioso il nome d‘Italia, anche se era povera. Finita la guerra s’immagina la quantità di stranieri, chi verranno a Roma, e come sarà facile occupare un posto mondiale nell’Arte [lettera del 27 novembre 1940].Fonti archivistiche
Bianca Sulpasso
Scheda aggiornata al 3 novembre 2018