Nasce il 10 febbraio 1912, nei pressi del monte Mašuk, nella tenuta di un lontano parente, Michail Ivanovič Petrunkevič. Il bisnonno, Charles Peacock, figlio di un coltivatore del Lancashire, si era trasferito in Russia per trovarvi lavoro, come ricorda E. Peacock in un'intervista rilasciata ad Anna Horsbrugh-Porter, Frances Welch, Elena Snow:
My father's grandfather, Charles Peacock, was the son of a Lancashire farmer and his main interest was farming. When he married he was looking for a job and happened to see an advertisement saying that someone in the Tambov province of Russia was looking for an estate manager. So Charles Peacock and his young wife went to Russia [Horsbrugh 1993, p. 105].
Il nonno di Eugenia Peacock, Rudolph, viene inviato a studiare in Inghilterra. Al ritorno in Russia s'iscrive alla Facoltà di filologia dell'Università di Mosca manifestando, a quanto pare, una particolare inclinazione per le lingue:
He was supposed to know fifteen languages, which is probably an exaggeration. But he certainly knew several European languages and later, when he was working at the British consulate in Batum, he studied several Caucasian languages. He was friendly with the mountaineers of the Caucasus, and published original vocabularies of Georgian, Mingrelian, Lazian, Svanetian and Apkhazian [Horsbrugh, p. 105].
Unitosi in matrimonio a Tat'jana Bakunina, Rudolph Peacock intraprende una brillante carriera diplomatica: dapprima lavora presso il consolato americano, dal 1881 è nominato prima vice console e poi console del consolato inglese a Batum, nel 1891 console generale Odessa, dove muore nel 1892.
La nonna di E. Peacock resta vedova, all'età di 29 anni, con sei figli a carico: gode di una pensione da parte del governo inglese che non basta, tuttavia, a garantir loro la sopravvivenza. Si trasferisce, così, in una tenuta di famiglia nei pressi di Toržok. È qui che il padre di Eugenia, Charles Peacock, ultimogenito, e la madre di Eugenia (oriunda di Toržok), s'incontrano: il matrimonio viene celebrato nel 1910 a Mašuk dove la famiglia si trattiene sino al 1914, allorché Charles Peacock decide di trasferirsi a Taložnja per lavoro.La madre inizia ad insegnare nella scuola del villaggio; ricorda E. Peacock:
My first memories are from this time and I remember being lifted up and shown an owl's nest in a hollow tree; three pairs of round orange eyes were looking at me. I also remember walking in a meadow where there were lots of cowslips. Then I remember sitting on the window sill with my feet dangling outside with no shoes on, and some village children came and tickled my feet. One day there was a yarmarka, a fair held on the green in front of the church. It was very noisy with people shouting and laughing and I remember squealing piglets and horses neighing. It must have been a holiday because the church bells were ringing. The village had wooden houses; it was not like other Russian villages which were usually just one long street, but this one had a village green [Horsbrugh, p. 107].
Il padre si arruola nel 1915 come volontario, scegliendo il fronte caucasico. La madre lo segue come infermiera di lì a qualche mese, ricorda sempre E. Peacock:
I was left with my maternal grandmother at Torzhok for the winter, but in the summer my father's mother, babushka Tatiana, invited us to Diadino, and that was heaven after a cold winter mostly indoors [p. 108].
Nell'autunno del 1917 i genitori li raggiungono e si trattengono sino all'estate del 1918, quando vengono loro confiscati beni e proprietà:
There was no violence; they gave us three days to pack up what we could take with us and they camped out in front of the house in tents. They allowed each family to take one peasant cart and horse to carry themselves and theirs belongings as far as Torzhok. The carts and horses were then to be sent back [Horsbrugh, p. 108].
Si trasferiscono prima a Toržok, quindi a Bologoe. Nel frattempo il padre di E. Peacock si reca a Mosca a cercare lavoro e viene seguito dalla moglie e dalla figlia nell'autunno seguente (1919). Qui Eugenia si ammala di morbillo e i Peacock decidono di spostarsi, a Černorečensk prima, a Rastjapino poi, dove vivono per due anni, prima di partire nel 1922 alla volta di Mogilevka, "a remote place surrounded by thick woods with bears roaming about".
Nel gennaio del 1925, dopo un lungo peregrinare, arrivano a Taškent. Nel 1930 la situazione economica e politica peggiora, i genitori si risolvono, infine, a partire alla volta di Harbin, in Manciuria, cercando ricovero dallo zio paterno, Henry Peacock.Per ricevere un passaporto inglese Eugenia e la madre devono, tuttavia, recarsi prima a Leningrado:
I didn't have a proper passport then because I'd never been out of the USSR. So, after having buried my grandmother, mother and I sold some of our belongings - bits of furniture that we had, and some carpets. We took it all to the market, to Voskresenski bazaar. Then we packed up, and went to Leningrad to my aunt Evelyn's flat. We were there a long time, from September 1931 to August 1932, because it took time to get my passport. Father had to write to the consulate. I joined the Institute of Foreign Languages, and went on learning English. It was summer when we left. We had to go to Moscow first because the train left from there [Horsbrugh, p. 118].
Arrivano ad Harbin tra l'agosto ed il settembre del 1932. Nel 1933 durante un'estate trascorsa a Barim, la madre si spegne. E. Peacock torna ad Harbin e seguita a vivere con il padre e con lo zio. Alla morte del padre nel 1935 si ritrova sola e decide, ancora una volta, di cambiare vita, trasferendosi a Pechino. Le peripezie, tuttavia, non finiscono, è costretta nuovamente a scappare:
I loved Peking and I probably would have spent the rest of my life there had not the Japanese arrived and spoiled it. But it is just as well I left when I did. I don't think I would have liked Mao's rule any better than the Japanese [Horsbrugh, p. 119].
Nel 1937 lascia Pechino alla volta di Roma dove approda nel luglio 1938. Ad oggi sono poche le notizie sul suo soggiorno, in Italia. Si conserva memoria delle vicissitudini con le autorità italiane in alcune lettere redatte da M. Alfieri a U. Zanotti-Bianco nel tentativo di soccorrerla. E. Peacock viene, infatti, internata nel villaggio di Montemarano, nei pressi di Avellino, perché considerata suddito inglese.
Nella lettera del 24 novembre 1940 M. Alfieri scrive ad U. Zanotti Bianco in merito alla "non effettiva" cittadinanza inglese: "Sig. na Peacock non ha mai avuto né parenti, né amici in Inghilterra e così non ha avuto mai nessuna corrispondenza con Inghilterra, e non è stata mai in Inghilterra". Di lì a due settimane torna sull'argomento: "È proprio un caso, che è suddita inglese, quanto non ha mai stato lì" [lettera di M. Alfieri ad U. Zanotti-Bianco del 27 novembre 1940].