Russi in Italia

Eva Amendola Kuhn


Luogo e data di nascita: Vilno, 21 gennaio 1880
Luogo e data di morte: Roma, 28 novembre 1961
Professione: traduttrice, scrittrice
Residenza: Roma, Via Aurora; Via Giovanni Paisiello n. 15; Firenze, Via Scialoja n. 29;

Traduttrice dall'inglese, dal russo e dal tedesco, scrittrice e critico letterario, moglie del leader politico Giovanni Amendola. Nasce a Vilno da Oscar Kühn ed Emmy Wittman in una città del tutto russificata, dove "nessuno vi parlava lituano, eccetto i contadini" [Amendola 1960, p. 44]. Dopo un soggiorno in Inghilterra sostiene l'esame per l'abilitazione di grado superiore all'insegnamento della lingua inglese. Ottiene un posto di insegnante di lingua tedesca in un liceo femminile e impartisce lezioni di lingua inglese in una scuola commerciale. Viene traumatizzata dalla morte per tubercolosi della sorella Mia e dopo due anni il medico di famiglia le sconsiglia di proseguire a lavorare [Amendola 1960, p. 45]. Parte, così, alla volta di Zurigo, dove si iscrive all'Università. L'iniziale passione per la medicina è stroncata dallo scontro con la realtà:

la mia precedente aspirazione a laurearmi in medicina era crollata, allorché, alla prima vista di un cadavere alla lezione di anatomia, mi ero sentita male [Amendola 1960, p. 45].

E. Kühn s'indirizza, così, a materie letterarie. Per due semestri segue i corsi di filosofia, antropologia, letteratura comparata, letteratura inglese e storia dell'arte. Un saggio su Enrico Thoreau le vale un premio in danaro che le permette di rivedere, ancora una volta, i suoi piani: si trasferisce a Roma con l'intento di perfezionarsi nella conoscenza dell'italiano per conseguire la laurea in letterature comparate.

La Città eterna la colpisce profondamente ("ero felice di vivere a Roma, città che mi fece una impressione inesprimibile", Amendola 1960, p. 41). Affitta due stanze ammobiliate in Via Aurora, non distante da Via Veneto, e inizia a frequentare l'antico caffè Greco, "il ritrovo più caro" dei coniugi Amendola, come lo definirà in seguito [Amendola 1960, p. 42], nonché l'ambiente variegato della società teosofica, dove nel 1903 conosce il futuro marito, Giovanni:

Alla conferenza conoscemmo una nostra connazionale, la signorina Saša Profan. Da lei sentii parlare per la prima volta con entusiasmo del giovane studente Giovanni Amendola, e fu lei che ce lo presentò. Trovai quel giovane alto e slanciato, dai grandi, malinconici occhi neri, molto interessante ed attraente; ma in quel primo incontro scambiai con lui poche parole. Lo rividi la domenica successiva, in casa della signorina Profan, che ci aveva invitato per il tè: con estrema chiarezza egli ci spiegò l'essenza della teosofia [Amendola 1960, pp. 40-42].

In quegli anni E. Kühn e G. Amendola seguitano a partecipare alle riunioni della società teosofica. Nel 1904 Eva vi interviene con una relazione su Schopenhauer già tenuta durante un seminario filosofico all'Università di Zurigo ("L'ottimismo di Arturo Schopenhauer", Giovanni Amendola in quell'occasione tradusse per lei un passo dei Parerga e Paralipomena: «La Madonna di S. Sisto»). Sono  anni in cui la giovane Kühn sbarca il lunario con lezioni private (tra gli altri a Maria Belardini, al senatore Oreste Tommasini e alla figlia Giulia) e traduzioni della stampa italiana per un corrispondente inglese. Le traversie passate da Giovanni ed Eva prima del matrimonio, il permesso non accordato dal padre alle nozze, il viaggio di Giovanni a Vilno, sono rammemorati in dettaglio nel libro dedicato al marito (Amendola 1960, pp. 40 e ss.).

È in questi anni che Eva manifesta i segni del grave male che continuerà a colpirla anche in seguito:

Mi ammalai all'improvviso di una strana febbre cerebrale e rimasi senza coscienza per alcuni mesi in una casa di salute. La febbre mi scoppiò la sera stessa di una conferenza della celebre Anne Besant, presso la Società Teosofica. Avevo polemizzato con lei, che aveva sostenuto l'inutilità di combattere certe tentazioni, asserendo che bisognava liberarsi dal male realizzandolo in pratica: io mi ero alzata e avevo detto energicamente alla maestosa e sprezzante Besant che quella sua teoria era micidiale. La Besant vestiva tutta di bianco, aveva i capelli bianchi, e somigliava al Pontefice: mi rivolse uno sguardo minaccioso, che mi fece cadere in deliquio come fulminata [Amendola 1960, p. 48].

È l'inizio di un lungo calvario, rammentato dal figlio Giorgio nelle pagine autobiografiche [Amendola 1978, pp. 21-22]. Dopo numerose vicissitudini il matrimonio degli Amendola viene infine celebrato nella Chiesa Valdese di Roma il 25 gennaio. Secondo G. Spini la cerimonia religiosa non fu che una formalità "imposta dalla legge zarista per consentire un successivo matrimonio civile". Confermata nella religione evangelica a diciassette anni, Eva Kühn Amendola, secondo Spini, era protestante solo di nascita: "di fatto era una tolstoiana ardente e un'appassionata di Dostojewski. Con Tolstoi la sua famiglia era in rapporti di amicizia personali ed essa era tanto tolstoiana da professare anche il vegetarianismo" [Spini 2002, pp. 309-310].
Nel 1907 nasce il primogenito, Giorgio (Roma, 21 novembre 1907 - Roma, 15 giugno 1980), seguito a breve da Ada (1910 - 1980). Nel 1910 E. Kühn raggiunge il marito a Firenze, in via Scialoja n. 29, in seguito ad una malattia (cfr. lettera di G. Amendola a G. Boine del 15 dicembre 1910, Amendola 1960, p. 243). In questi anni gli Amendola frequentano, tra gli altri, i Kolpinskie e i Signorelli (Angelo era il medico di famiglia). Di Dmitrij Kolpinskij E. Kühn tradurrà il saggio su Brjusov pubblicato su «Rassegna Contemporanea»


Eva con il marito e i primi due figli
Eva Amendola Kuhn con il marito Giovanni e i primi due figli Giorgio e Ada
Fonte: http://www.sacampania.beniculturali.it/eventi/Amendola/images/Foto%202.jpg

Nel 1912, in seguito alla promozione di Giovanni a corrispondente de «Il resto del Carlino», gli Amendola tornano a Roma e si trasferiscono nella casa di Via Giovanni Paisiello n. 15. Il "tono della famiglia" era agitato, ricorda il figlio Giorgio, proprio per via del clima appassionato nel quale viveva la madre. È il clima che la porta ad accostarsi presto al futurismo, affascinata dall'ideologia artistica di F. T. Marinetti, adottando lo pseudonimo di Magamal, un personaggio del romanzo di Marinetti Mafarka il futurista. Collabora a «L'Italia futurista», «Roma futurista», «Cronache di attualità» e frequenta Balla e Boccioni. Ricorda il figlio Giorgio:

Mia madre, intanto, era diventata futurista. I nuovi amici che entravano in casa erano vestiti in modo chiassoso. Così un nostro vicino, il pittore Balla, che abitava anch'egli in via Paisiello in un vecchio casone chiamato «Il convento» [...] Apparve in casa nostra Marinetti, occhi di fuoco, simpatico, che occupò subito un grande posto nella vita di mia madre. Mia madre mi trascinava anche alle manifestazioni interventiste rumorose e praticamente indisturbate [Amendola 1978, p. 17].

Il 20 settembre 1918 usciva il primo numero di «Roma futurista», giornale "esclusivamente politico", come illustrato nell'editoriale, dalle colonne del giornale il 24 agosto 1919 si appellava agli italiani Magamal:

Lavoratori e guerrieri della Patria - unitevi!
Parassiti d'Italia - vergognatevi!
Non è l'ora questa per l'ozio, per gli sfarzi, per i lussi sfrenati.
Arditi dello spirito, che arda calma e forte la Fiamma vostra
Militanti spirituali - all'opera [...].

Negli stessi anni l'appassionata futurista incontra G. Boine, al quale si lega di un rapporto intellettuale particolare, testimoniato da stralci di corrispondenza conservatisi e dalla testimonianza del figlio:

Ora dal carteggio di Giovanni Boine con Emilio Cecchi è uscita fuori la storia di un incredibile viaggio romanzesco intrapreso da mia madre per incontrarsi a Genova con Boine. Per un ripensamento, o per un malessere crescente, mia madre non si fermò, tuttavia, a Genova e continuò per Torino, dove voleva confidarsi con l'amico Begey. Il suo stato di agitazione rese necessario il suo ricovero in una casa di cura, nell'autunno del 1914 [Amendola 1978, p. 18].

Nel 1916 nasce il figlio Antonio (Roma, 21 novembre 1907 - Roma, 15 giugno 1980). Nonostante la malattia E. Kühn partecipa alla vita letteraria e culturale, nel 1917-1918 interviene al Lyceum prima su Dostoevskij quindi su V. Picardi [Amendola 1960, p. 351]. Sin dall'arrivo in Italia è molto attiva nell'ambito della diffusione della cultura russa (cfr. M. Pervuchin 1926). Lavora alacremente come traduttrice dall'inglese, dal russo e dal tedesco. Nel 1912 volge in prosa ritmica Zemnie stupeni [La scala terrestre] di Ju. Baltrušaitis. Il poeta lituano era da tempo un habitué degli Amendola, caro amico di Giovanni, a cui era stato introdotto dal poeta simbolista Giuseppe Vannicola (sull'amicizia stretta dal marito con B. si veda Amendola 1960, pp. 76-77). Negli anni successivi E. Kühn si dedica in particolare alla traduzione di Schopenhauer e Dostoevskij, a cui nel 1917 dedica il saggio Il pensiero religioso di F. Dostojewskij. Dal 1919 Rocco Carabba le affida la direzione della "Collana per i fanciulli" ed E. Kühn sceglie una strada poco battuta, orientandosi, tra le altre, su fiabe russe, tartare, rumene (i volumi, impreziositi da dieci immagini e rilegati in tela, venivano messi in vendita al prezzo di sette lire, cfr. Samaritani).
Nell'estate del 1918 Eva, incinta del figlio Pietro (Roma 26 ottobre 1918 - Roma 7 dicembre 2007), si reca a Capri. Ricorda Giorgio:

Trovò un alloggetto in via Tragara, verso i Faraglioni, in quella che era stata la pensione Mandrefi Pagano. Che mesi felici! Io debbo a mia madre una serie di magnifiche vacanze che hanno illuminato la mia infanzia, da Forte dei Marmi a Cattolica, da Olevano a Frascati, da Nettuno a Capri [Amendola 1978, p. 31].

Qui gli Amendola frequentano il variegato ambiente dell'emigrazione russa, tra cui "Casimiro Kobylianski", "la vecchia amica della madre" la signora Sperjanskij, moglie del biologo dell'università di Pietroburgo Sulimov, Vidgorčik. Negli anni della guerra E. Kühn si impegna nell'attività assistenziale.

Nel 1922 E. Kühn torna a Vilno, il viaggio le sarà, in qualche misura, fatale: i racconti dei familiari sulle "ferocie compiute dai rossi la colpirono duramente" [Amendola 1978, p. 56]. Al suo ritorno in Italia viene ricoverata nuovamente in una casa di cura. Nel 1923 viene dimessa, ma gli Amendola versano in una situazione "non adatta ad una convalescente":

La nostra casa era l'obiettivo di ripetute manifestazioni ostili e veniva difesa, più che dalla forza pubblica che la presidiava, dal fatto che si trovava ad un quinto piano, e che vi si accedeva unicamente per una lunga e stretta scala di servizio. Ma le urla, le agitazioni, gli allarmi provocarono un nuovo aggravamento dello stato di salute di mia madre e dovettero consigliare un immediato ritorno alla clinica [Amendola 1978, p. 599].

Ne uscirà dieci anni dopo, e solo allora saprà della morte del marito, incontrato un'ultima volta otto anni prima:

Lo vidi per l'ultima volta il giorno di Natale del 1925 – mi portò delle belle rose e dolci e lo trovai così bello, ma molto dimagrito. La sua morte mi fu celata [Amendola 1960, p. 447].

Uscita dalla clinica si reca a Vilno, dove è raggiunta un anno dopo dal figlio Pietro. Sono anni difficili anche da un punto di vista economico, solo il 21 giugno 1950, durante la seduta pomeridiana della Camera dei Deputati, le viene concessa una pensione straordinaria.
Nel dopoguerra ottiene la cattedra di lingua inglese all'Università di Roma e si dedica alla saggistica e alle traduzioni letterarie. In questi anni decide di riordinare le casse di lettere del marito e prende vita il progetto che porterà al volume Vita con Giovanni Amendola. Uscito nel 1960, viene vergato faticosamente ed è frutto, come il figlio Giorgio ricorderà nell'epilogo del volume, della "freschezza di spirito dei suoi ottanta anni" e "della sua coraggiosa volontà":

L'ho portato a termine in questi ultimi due anni: ho dovuto copiare io stessa a macchina il vasto epistolario (di più di cento persone) – e questo mi è riuscito difficile – Ho cercato di evocare i ricordi della nostra vita, vita eccezionalmente felice e sono orgogliosa dell'affetto di mio marito, che vibra nelle sue lettere. I miei figli e gli amici apprezzeranno il mio lavoro. Spero che vivrò tanto da vederlo stampato. Ho il rammarico che la salute mi impedisca di visitare la bella tomba di mio marito al cimitero di Napoli, penso sempre a questa tomba solitaria, quando posso trascorrere momenti pieni di pace e malinconia dinanzi alla tomba di mio figlio Antonio, morto il 20 ottobre 1953. «Vorrei morire prima dei miei figli – non avrei la forza di assistere alla morte di un mio figlio», mi aveva detto un giorno Vania, quando ebbe la notizia della morte di un giovinetto, figlio dell'amico prof. Garoglio. Almeno a lui questo dolore è stato risparmiato [Amendola 1960, p. 448].

Si spegne a Roma il 28 novembre 1961.


Opere
Enrico D. Thoreau e la sua religione naturale, «Rassegna contemporanea», a. 7, serie 2, f. 9.
Magamal, Appello al popolo italiano, «Roma futurista», 24 agosto 1919.
Vita con Giovanni Amendola, Firenze, Parenti, 1960.

Traduzioni
Ju. Baltrušajtis, La scala terrestre, Firenze 1912.
D. Kolpinsky, Lettere sulla letteratura russa. «Rassegna Contemporanea», VI, II, Fasc. VIII (25 Aprile 1913), pp. 395-403.
A. Schopenhauer, La quadruplice radice del principio di ragion sufficiente, Lanciano, 1915 (ristampa Torino 1959).
F. M. Dostoevskij, I ragazzi, Milano 1915.F. M. Dostoevskij, La tentazione, «Bilychnis» 1918, VI, p. 170.
F. M. Dostoevskij, Pensieri, scelti e tradotti da Eva K. Amendola, Lanciano, 1920; Lanciano 1928; Roma, 1956.
F. M. Dostoevskij, La piccola Netotschka ed altri racconti per fanciulli, Lanciano, 1920.
F. M. Dostoevskij, L'adolescente, traduzione integrale e diretta dal russo di Eva K. Amendola e Ferruccio Tosti, Torino, 1943.
F. M. Dostoevskij, Il fanciullo presso Gesu per l'albero di Natale; Il contadino Marei; La mite; Il sogno di un uomo ridicolo, Milano 1953.
F. M. Dostoevskij Umiliati e offesi; Memorie di una casa morta, a cura di Eridano Bazzarelli, Milano 1958.
A. Schopenhauer, Introduzione alla filosofia e scritti vari, introduzione e note di Francesco Cafaro, Torino 1960.
F. M. Dostoevskij L'adolescente, prefazione di Angelo Maria Ripellino, Torino 1957, 1970, 1976.
Pietro Di Donato, Cristo fra i muratori, Milano 1973.
A. Schopenhauer, Parerga e paralipomena, Torino 1963 (assieme a G. Colli, M. Montinari).
F. M. Dostoevskij, Umiliati e offesi, a cura di Ettore Lo Gatto, trad. di E. K. Amendola, Milano 1965.
M. Gor'kij, Nell'Unione dei soviet, Roma 1963 (trad. di I. Ambrogio, E. Kühn Amendola, R. Platone).
F. M. Dostoevskij, Il villaggio di Stepancikovo; Netocka Nezvanova, Novara 1974.

Bibliografia
M. K. Pervuchin, Amendola, «Russkoe Vremja», 17 aprile 1926, n. 256, p. 3.
G. Amendola, Una scelta di vita, Milano 1978.
G. Agnese, Marinetti. Una vita esplosiva, Milano 1990.
G. Spini, Italia liberale e protestanti, Torino 2002.
F. Samaritani, Rocco Carabba, editore. 1854-1924. in
http://www.repubblicaletteraria.it/RoccoCarabba_editore.html

Fonti archivistiche
Biblioteca Giustino Fortunato - corrispondenza con Zanotti Bianco Animi AO1.01.UA.14.
Biblioteca Ambrosiana di Milano, Archivio di Tommaso Gallarati Scotti.
Fondazione Il Vittoriale degli Italiani, Archivio generale.
Papers of F. T. Marinetti and Benedetta Cappa Marinetti, 1902-1965.


Elda Garetto, Stefano Garzonio, Bianca Sulpasso


Giovanni Amendola nel 1912.



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