Scrittrice, poetessa e compositrice la principessa Zinaida Volkonskaja (nata Belosel’skaja; 1789-1862) è stata una significativa figura della vita culturale russa dell’inizio dell’Ottocento. Legata allo zar Alessandro I, con cui intrattiene tutta la vita una fitta corrispondenza, dopo il fallimento della rivolta decabrista nel 1825 si allontana dalla corte imperiale russa e si trasferisce a Roma (nel 1833 si converte al cattolicesimo). Qui possiede un ampio terreno agricolo di circa undici ettari accanto alla Basilica di San Giovanni in Laterano, acquistato dal padre durante la sua ambasceria a Torino, attraversato dalle campate dell’acquedotto neroniano del I secolo. Qui decide di costruirsi il suo rifugio romano, Villa Wolkonsky.
Incarica l’architetto romano Giovanni Azzurri di erigere una piccola villa che inglobi tre arcate dell’acquedotto e prende accordi col governo papale per restaurare i ruderi dell’acquedotto, trasformando i terreni ai lati in un vasto giardino in stile romantico con un roseto lussureggiante; tra le piante e le siepi fa disporre statue, urne e frammenti romani, dispone una colonna in granito rosso scuro con il busto di Alessandro I, tra le arcate dell’acquedotto organizza grotte artificiali sotto il livello del suolo.
La vita della principessa a Roma scorre tra questa residenza, adibita a luogo di ritiro, e l’abitazione di Palazzo Poli appoggiato alla Fontana di Trevi, ove riunisce il suo salotto culturale e ospita alcuni dei più famosi scrittori e artisti europei dell’epoca: tra loro Stendhal, Walter Scott, Nikolaj Gogol’, Michail Pogodin, Pёtr Vjazemskij, i pittori Karl Brjullov e Fedor Bruni, i musicisti Fedor Glinka e Gaetano Donizetti, gli scultori Bertel Thorvaldsen, Vincenzo Camuccini.
Alla morte della principessa (sepolta nella chiesa di Sant’Anastasio e Vincenzo al rione Trevi) eredita la villa il figlio Aleksandr Nikitič (1811-1878), diplomatico in Sassonia (1858), a Napoli (1860) e in Spagna (1862), in ottimi rapporti con il Vaticano e personalmente legato a Pio IX (non si converte al cattolicesimo). Grande appassionato d’arte e di scultura, autore del volume Rim i Italija (Roma e l’Italia), Aleksandr Nikitič abita per brevi periodi nella villa, ma a lui si devono gli scavi delle tombe romane oltre l’acquedotto, oggi conservati nel Museo delle Serre, due serre ottocentesche comunicanti tra loro e situate vicino al cancello d’ingresso della residenza: sarcofagi a bassorilievo, statue, ritratti funerari, iscrizioni, elementi architettonici e frammenti, ritrovati nella vasta necropoli dell’Esquilino (I secolo a.C. - III secolo d.C.).
Negli anni della rapida espansione di Roma dopo il 1870, la villa ha ancora un magnifico giardino e una vista che spazia su tutta la campagna romana fino ai Colli Albani (ne scrive Augustus J.C. Hare in Walks in Rome), ma gran parte della proprietà è stata liquidata per permettere alla discendente della principessa, Nadežda Volkonskaja, marchesa Campanari, di costruirsi una nuova e più maestosa villa. Quando nel 1886 il ministro della pubblica istruzione, Ruggero Bonghi, decreta di impedire ulteriori vendite di terreno, il panorama di Villa Wolkonsky è già oscurato dalle nuove costruzioni dell’epoca umbertina.
Con il trascorrere del tempo e l’avvicendarsi delle proprietà Villa Wolkonsky subisce importanti trasformazioni, le antichità che ne ornano i viali cadono in declino, molti reperti sono sepolti dalla rigogliosa vegetazione del parco.
Nel 1922 alla morte di Nadežda Volkonskaja, il marchese Campanari vende la villa con tutti i suoi beni all’ambasciatore tedesco in Italia Konstantin von Neurath, che la amplia ulteriormente e trasforma in sede della rappresentanza diplomatica tedesca.
Con il progressivo allineamento di Mussolini alla politica estera tedesca culminato con la firma del Patto d’Acciaio, la villa diviene il centro focale della presenza nazista in Italia: il comandante della polizia segreta Herbert Kappler, responsabile del massacro delle Fosse Ardeatine, ha il suo ufficio nella villa prima di trasferirsi nella tristemente nota sede di via Tasso. L’episodio più noto che riguarda la villa è la cattura della principessa Mafalda di Savoia, attirata in un tranello alla villa col pretesto di ricevere una telefonata dal marito, il principe tedesco Filippo d’Assia-Kassel, quindi catturata e trasferita nel campo di concentramento di Buchenwald, dove muore.
Alla fine della Seconda guerra mondiale, la villa è amministrata dalla Commissione Interalleata, poi nel 1947 è dal governo italiano messa a disposizione dell’ambasciatore inglese (un attentato terroristico aveva distrutto nel 1946 la sede diplomatica britannica in via XX Settembre). La villa è oggi di proprietà del Regno Unito.
Bibliografia
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