Figlio di due medici, fu il secondo di cinque fratelli (Vladimir, Konstantin, Lev e Irina). La madre, Varvara Karlovna (1859–1888), nata Šejdeman e cresciuta nella ricca famiglia di un eroe della difesa di Sevastopol' durante la guerra di Crimea, morì di tifo quando Aleksej aveva appena un anno e mezzo; il padre, Konstantin Stepanovič, era un convinto populista. La perdita della madre, unita ad alcuni difetti fisici congeniti (era affetto da ipovisione) e acquisiti (durante una battuta di caccia si era accidentalmente sparato ad una gamba, cosa che lo privò dell'uso dell'arto e lo costrinse a camminare con una protesi), accentuarono la natura malinconica di Aleksej. Peraltro il padre, dopo la morte della moglie, si era presto risposato. Dopo la fine del ginnasio, nel 1905 si iscrisse alla Facoltà di lettere e filosofia dell'Università di San Pietroburgo, dove, oltre a un libro sull'ambiente universitario intitolato
Smert' prizrakov (
La morte delle illusioni, 1908), si segnalò soprattutto per la sua attività politica nei movimenti studenteschi.
Nel corso di quegli anni fu arrestato tre volte, l'ultima a causa della sua partecipazione a una manifestazione di protesta contro l'esecuzione della condanna a morte dell'anarchico spagnolo Francisco Ferrer (ottobre 1909), che aveva suscitato analoghe reazioni in molti altri paesi d'Europa. In quello stesso anno per la prima volta tentò il suicidio sparandosi, ma fu salvato. Avvicinandosi il 1913 e le celebrazioni per i trecento anni della casata dei Romanov, nel 1912 l'allora direttore del Dipartimento di polizia, Stepan Petrovič Beleckij, incaricato di ripulire la capitale dagli elementi ritenuti pericolosi, aveva convocato Konstantin Stepanovič per dirimere la questione legata ai trascorsi di Aleksej, il quale nel frattempo si era comunque allontanato dall'attività politica a favore del suo impegno poetico, come testimonia il suo esordio letterario nel 1912 –
Protivorečija (Contraddizioni), una raccolta (tre quaderni di poesie scritte in precedenza) firmata con lo pseudonimo di Ljubar.
Aleksej accettò di partire per l'estero e scelse quale meta Capri. Partì alla fine del 1912 e rimase nell'isola fin quasi alla fine del 1913. Visse prevalentemente a Palazzo Canale e frequentò, oltre al compatriota
Aleksej Zolotarëv, soprattutto la gente del posto e la bohème internazionale, mentre ben presto si allontanò dagli ambienti socialdemocratici russi guidati da
Maksim Gor'kij. Una certa disillusione per gli ideali rivoluzionari è testimoniata anche dalle sue satire e parodie incluse nel manoscritto della rivista umoristica "Kaprikanon" (RGALI, F. 293, op. I, ed. chr. 19). Tra gli altri frequentò la famiglia del pittore Giovanni Caracciolo, detto Ninì (1841–1920),
visse anche per un certo periodo presso di loro a Villa Caterina; con loro rimase in corrispondenza anche dopo il suo ritorno in Russia (RGALI, F. 293, op. I, ed. chr. 66), e probabilmente si innamorò di Bianca Caracciolo (1896–1963), alla quale dedicò alcune poesie in italiano (RGALI, F. 293, op. I, ed. chr. 17, ll. 193, 194).
A Capri Aleksej trovò soprattutto un po' di serenità e nuova ispirazione creativa, risultato della quale è il volume di impressioni e ricordi dedicato proprio alla sua esperienza italiana,
Odinočestvo. Kapri i Neapol'. (Slučajnye zapisi šatuna po svetu) (
Solitudine. Capri e Napoli. Appunti. casuali di un vagabondo per il mondo), uscito postumo a Pietrogrado nel 1916 e che fu definito da Aleksej Zolotarëv "la cosa migliore scritta in russo su quella deliziosa isola". Il paesaggio, la gente e le città d'Italia (Castellammare, Positano, Ravello, Vietri, Salerno, Paestum, Amalfi, Pompei) ispirarono molte altre poesie incluse nel ciclo
I fiori delle rovine del volume postumo
Blagočestivye putešestvija (Viaggi devoti).
Al periodo caprese risale anche l'amicizia con Umberto Zanotti Bianco, al quale resterà legato anche dopo il ritorno in patria grazie a una breve ma intensa corrispondenza. Zanotti Bianco gli scriverà una bella lettera di incoraggiamento agli inizi del 1914, dopo il secondo tentativo di suicidio. Tra le opere cui si dedicò negli ultimi anni di vita e che vedranno la luce solo dopo la sua morte, vanno ricordati il poema
Pietroburgo, la povest'
Melancholija, uscita su "Russkie zapiski" nel numero di maggio del 1916, il libro di versi
Trottuar (
Marciapiede), il libro
Antično-menovoe obščestvo. (K voprosu o nepreryvnosti progressa) (La società antica fondata sul baratto. La questione dell'inarrestabilità del progresso).
Appassionato di poesia occidentale Lozina-Lozinskij è stato anche traduttore (da ricordare, oltre alle versioni da Baudelaire, quelle dal poeta italiano Lorenzo Stecchetti, alias Olindo Guerrini), in particolare per la rivista "Rudin".
Il 5 novembre 1916, dopo aver assunto una dose eccessiva di morfina, Lozina-Lozinskij trovò finalmente la morte, ma anche modo e tempo di appuntare i suoi ultimi pensieri e le sue allucinazioni (RGALI, F. 293, op. I, ed. chr. 4). Il fratello maggiore, Vladimir, ha scritto una sua biografia dattiloscritta (RGALI, F. 293, op. I, ed. chr. 101).
PubblicazioniProtivorečija, SPb. 1912, 3 vv.
Odinočestvo. Kapri i Neapol'. (Slučajnye zapisi šatuna po svetu), Pg. 1916.
Blagočestivye putešestvija, Pg. 1916.
Melancholija, "Russkie zapiski", maj 1916.
Trottuar, Pg. 1916.
A.K. Lozina-Lozinskij, Solitudine. Capri e Napoli (appunti casuali di un girovago), a cura di F. Senatore e S. Guagnelli. Roma: Scienze e Lettere, 2010.
A.K. Лозина-Лозинский, Рузер С.И. Каприканонъ. Cura e trascrizione di S. Guagnelli, eSamizdat 2014–2015, pp. 17-46.
A. Tamborra, Esuli russi in Italia dal 1905 al 1917, Bari, Laterza, 1977.
U. Zanotti Bianco, Carteggio 1919–1928, Roma; Bari: Laterza, 1989.
I.A. Revjakina, Russkij Kapri 1900-1914, in Rossija i Italija, Moskva, Nauka, 2003. T. 5, pp. 12-31.
N.P. Komolova, Kapri v poezii i proze A.K. Lozina-Lozinskogo, in Italija v russkoj kul'ture Serebrjanogo veka, Moskva, Nauka, 2005, pp. 143-161.