La principessa Ekaterina Vasil'evna Dabiža nasce dalla nobile stirpe dei Dabiža-Kotromanič, risalente al lontano 1163 e originaria della terra serbo-bosniaca. La dinastia Dabiža-Kotromanič nel XVIII secolo diviene suddita dello zar di Russia, grazie al nonno della principessa, il principe Dmitrij Dabiža, che chiamato dal feldmaresciallo Kutuzov partecipa alla vittoriosa campagna contro Napoleone del 1812. Stabilitosi nel Governatorato di Černigov, Dmitrij Dabiža sposa Anastasija Aleksandrovna Gorlenko, discendente da una nobile famiglia ucraina, i Gorlenko-Zabela.
Dato l'alto rango familiare, Ekaterina Vasil'evna viene iscritta all'età di 12 anni all'Istituto Smol'nyj di San Pietroburgo, dove si diploma nel 1880. Pochi anni dopo sposa un nobile di servizio di lontane origini polacche, Aleksandr Arkad'evič Rostkovskij. Il giovane Aleksandr Arkad'evič, con accanto Ekaterina Vasil'evna, inizia una brillante carriera diplomatica che porterà la coppia dapprima in Bulgaria, poi a Gerusalemme, dove nasce la prima figlia Anastasija (morta in tenera età), e successivamente nella città di Ioanina e a Beirut. Qui nascerà la seconda figlia Marija il 18 (30) settembre del 1888.
L'
attaché d'ambasciata Aleksandr Arkadevič in qualità di viceconsole presta poi servizio presso il Consolato imperiale russo di Brindisi. Qui nasce il terzo figlio, Boris, che diverrà ufficiale del reggimento imperiale Egerskij e sparirà senza lasciare traccia nel drammatico vortice della guerra civile russa. La brillante carriera diplomatica vede la famiglia Dabiža-Rostkovskij frequentare i migliori salotti della nobiltà imperiale russa fra la città di Odessa, la Crimea e San Pietroburgo.
Nel quadro geopolitico degli inizi del ‘900 l'area balcanica è strategica per la presenza russa in Europa in contrasto con l'Impero Ottomano ormai sulla strada del declino. Data l'importanza del confronto in atto e la rappresentanza delle popolazioni slave dei balcani assunta dalla Russia, estremo risalto assume l'incarico di Console imperiale conferito ad Aleksandr Rostkovskij, che viene inviato nella città di Bitola (Monastir) in Macedonia. Qui la mattina del 26 luglio 1903 egli viene ucciso da un soldato turco nei tesissimi giorni che precedettero l'
Il'in den' (Giorno di Sant'Elia) in Macedonia e Bulgaria. Il fatto suscita enorme clamore internazionale e le navi da guerra russe, uscite dai porti del Mar Nero, vengono fermate solamente a poche miglia dalla costa ottomana. L'imponente funerale di Stato a Odessa fa ritornare in Russia, assieme alla salma del console, anche la vedova con i due figli Marija e Boris.
Negli anni che seguono la famiglia Rostkovskij vive tra Odessa, la tenuta di Romanovščina ad Ičnja (Governatorato di Černigov) e San Pietroburgo allo scopo di educare, come il lignaggio richiedeva, i discendenti del "console-martire dello slavismo e dell'ortodossia". Il figlio Boris, dopo studi privati, è ammesso al Corpo dei Paggi Imperiali nella capitale, mentre la figlia Marija si diploma all'Istituto femminile di Odessa, frequenta poi l'Università di Cambridge per due anni (1909-1910) e successivamente l'Istituto teologico di San Pietroburgo.
Nella città della sua infanzia, Odessa, Ekaterina Vasil'evna assiste alla Rivoluzione del 1905, testimone oculare della rivolta della corazzata Potëmkin. E ancora a Odessa vive in prima persona una delle pagine più importanti della sua vita e della storia della Russia: la vicenda dell'"ammiraglio rosso" Pëtr Petrovič Šmidt, capo della rivolta della flotta del Mar Nero e intimo amico di Ekaterina Vasil'evna. Dopo la condanna a morte di Šmidt da parte del tribunale militare, E. Rostkovskaja tenta di intercedere per lui e arriva sino alla Corte imperiale, chiedendo la grazia attraverso i buoni uffici di molti personaggi di spicco dell'aristocrazia di Odessa e San Pietroburgo (tra cui un altro suo carissimo amico, Pavel N. Miljukov, storico e leader del Partito Costituzionalista Cadetto). Ma inutilmente: il luogotenente Šmidt il 6 (19) marzo 1906 viene fucilato.
Sino alla Prima guerra mondiale e alla rivoluzione la vita della principessa si svolge fra la capitale e il Governatorato di Černigov. La rivolta del febbraio 1917 la vede a San Pietroburgo, dove proprio nel giorno dell'abdicazione di Nicola II il figlio Boris giura fedeltà allo zar nella cerimonia di investitura di Ufficiale dei Cadetti. La situazione si fa sempre più pericolosa e la principessa lascia la capitale per il rifugio, considerato sicuro, della tenuta di Romanovščina ad Ičnja, dove viene sorpresa dalla Rivoluzione d'ottobre. Si salva per miracolo, aiutata a fuggire da alcuni fedeli contadini in un carro sotto un covone di fieno. Sola e impaurita, si ricongiunge con la figlia Marija, crocerossina con i "bianchi" al fronte meridionale. Vede per l'ultima volta Boris sulla banchina del porto di Novorossijsk.
Lascia la Russia su una nave di esponenti del "vecchio regime" in rotta nel Mar Nero. Il viaggio tocca Costantinopoli, poi Alessandria d'Egitto, dove nel 1918 la raggiunge Marija. Si reca per qualche mese in Inghilterra, per riordinare le finanze e curare gli investimenti fatti in quel paese prima della guerra. Infine nell'autunno del 1922 giunge in Italia, dove vive la zia del marito, Ol'ga Pavlovna Vavilova, moglie del senatore del Regno e fondatore della Croce Rossa italiana Ferdinando Palasciano. Si stabilisce a Napoli, dove vive fino allo scoppio della Seconda guerra mondiale con il vitalizio che arriva puntualmente dall'Inghilterra e che le permette di soggiornare con la figlia in un grande appartamento in Discesa S. Pietro ai due Frati n. 1 a Posillipo.
A Napoli esiste una colonia "russobianca", formatasi già prima della rivoluzione: ne fanno parte la principessa E. K. Gorčakova (che vive in una lussuosa villa a Sorrento), Tat'jana Živago (che aveva sposato Rinaldo Dohrn, figlio del celebre naturalista e zoologo tedesco Anton Dohrn, fondatore nel 1872 della
Stazione Zoologica di Napoli),
Marija Bakunina e sua sorella (figlie di Michail Bakunin, rispettivamente zia e madre del famoso matematico Renato Cacciopoli), la Ljubavina, Raisa Isaakovna Charina, Sonja Bogdanova e molti altri ancora.
Condividendo le abitudini della comunità "russobianca" napoletana, Ekaterina Vasil'evna trascorre alcune estati, sin verso la fine degli anni '20, in Svizzera a Saint Moritz. A partire dagli anni '30 la colonia dei "bianchi" si sposta in Trentino, sulle sponde del Lago di Ledro, luogo di soggiorno estivo, tra l'altro, dell'ultimo console generale russo a Roma
Georgij Zabello.
Nell'agosto 1939 Ekaterina Vasil'evna viene colpita da un ictus che la costringe all'immobilità e la priva della parola. Pochi giorni dopo la Polonia viene invasa dalla Werhmacht. Lo scoppio del conflitto e l'aggravarsi della salute dell'ormai anziana principessa non permette alle due donne il ritorno a Napoli. Ekaterina Vasil'evna muore il giorno del Natale ortodosso del 1943, il 7 gennaio, a Bezzecca, dove un rappresentante della Chiesa russo-ortodossa di Milano riesce a giungere per celebrare il funerale nel rito russo-ortodosso.
Dal 1943 al 1976 la figlia Marija Rostkovskaja, sola e priva di mezzi, è ospite presso la famiglia Mora "Perì" di Bezzecca e sopravvive grazie alla sua carità. Dal 29 giugno 1976 le due donne sono sepolte nel cimitero di Bezzecca in un'unica tomba nobiliare di marmo bianco con una croce russa a otto punte con inciso il motto della stirpe dei Dabiža-Kotromanič:
Тако хочетъ Богъ.
Agli anni napoletani risale con ogni probabilità la stesura di uno scritto autobiografico, redatto in francese sotto lo pseudonimo di "Princesse de Kaer". Le memorie, composte da 76 fogli dattiloscritti e 11 autografi, sono state depositate nel 1949 dalla figlia presso l'archivio del Museo storico di Trento.
Fonti archivistiche
Princesse de Kaer,
Rayons, ombres, ténèbres d'une vie russe. Museo Storico di Trento, Archivio storico, AL. b2 , fascicolo 4, numero elenco 7861 (pubblicazione: Principessa De Kaer,
Raggi, ombre, tenebre di una vita russa, «La Scuola del Ponte», rivista del Liceo scientifico e linguistico Leonardo da Vinci, 2003, suppl. n. 2).
Bibliografia
I. Panfido,
Sulle tracce del Luogotenente Šmidt a Trento, in
Archivio italo-russo. Русско-итальянский архив, a cura di D. Rizzi e A. Shishkin, Dipartimento di Scienze Filologiche e Storiche, Collana Labirinti 28, Editrice Università degli Studi di Trento, Trento 1997, pp. 603-608.
E. Bordato,
Sotto un cielo straniero. Vita e memorie di una principessa russa in esilio, Ed. Osiride, Rovereto 2000.
Ennio Bordato
La tenuta dei Rostovskie Romanovščina in Ucraina (Edizioni Osiride, Rovereto).
Le foto di Ekaterina Rostovskaja sono pubblicate per gentile concessione delle Edizioni Osiride, Rovereto.