Figlia di un banchiere e sorella dell'artista Voldemar Boberman, studia a Mosca fino al 1918, anno in cui si trasferisce con la famiglia a Tbilisi. Qui tramite il fratello conosce e frequenta artisti e poeti russi, fra cui Il'ja Zdanevič e Grigorij Šiltjan che sposerà nel 1922.
Con la famiglia emigra da Batumi verso Costantinopoli, dove reincontra Šiltjan (sono destinati a separarsi di nuovo: Šiltjan è diretto a Vienna, i Boberman a Parigi) e la Francia. Nel 1919 si iscrive alla Sorbona, per gli affari del padre è costretta dopo poco a trasferirsi a Berlino, dove il padre entra in contatto con Il'ja Erenburg e Pavel Muratov.
Nel 1922 sposa Šiltjan e viene in viaggio di nozze in Italia. Dopo alcuni giri per l'Italia (a Napoli, a Firenze e in Liguria), la coppia matura la decisione di restare a vivere a Roma e si trasferisce a Palazzo Roccagiovine, in Piazza Farnese al n. 44. Intanto la famiglia Boberman si trasferisce in Italia per congiungersi ai figli; intenzionata ad abitare a Roma insieme a Elena e al genero, anticipa la prima rata di pagamento di una grande casa in Piazza Quadrata nel quartiere Nomentano, ma in seguito a un crack finanziario, perde tutti i suoi averi e si allontana dall'Italia.
Insieme a Šiltjan Boberman rimane a Roma ed è costretta a cercarsi un lavoro di ripiego. Conoscendo diverse lingue straniere (russo, francese, tedesco e inglese) trova lavoro, prima in una casa di moda in Via Condotti, più tardi nella sartoria Zezza in via Due Macelli, mentre il marito esegue disegni ornamentali per tessuti.
Inseriti nell'ambiente russo della capitale grazie a Muratov, i coniugi Šiltjan conoscono Valentina Chodasevič, appena giunta dalla Russia e diretta a Sorrento da Maksim Gor'kij. Su invito di lei nel 1925 vanno ospiti di Gor’kij a Sorrento (lo scrittore, come amava fare, le affibbia il soprannome di "zio Egor").
La situazione economica degli Šiltjan continua a dipendere in buona parte dagli alti e bassi della famiglia Boberman; il padre di Elena infatti gioca in borsa e traffica in antiquariato, spesso con la complicità di Šiltjan e Muratov, che più di una volta vanno a Berlino o a Parigi per concludere affari.
Dopo un breve soggiorno parigino (1927-1932), Šiltjan decide di tornare in Italia, questa volta a Milano; parte inizialmente da solo, la moglie l'avrebbe raggiunto non appena avesse trovato una sistemazione e lei ottenuto il visto per l'Italia. Dall'Albergo Rodi di Milano Šiltjan scrive nel luglio 1933 a Olga Signorelli e, conoscendo le sue amicizie influenti, la prega di dare una "spinta" presso il Ministero degli Affari Interni alle procedure di ottenimento del visto per la moglie (hanno ambedue il passaporto Nansen, rilasciato ai rifugiati e agli apolidi).
"In piena guerra, un giorno in cui mio marito a Roma, a Palazzo Venezia, stava lavorando al ritratto di Ciano, entrò un segretario e disse qualchecosa all'orecchio del genero di Mussolini. Appena fu uscito, Ciano chiese a mio marito: "Dove ha la casa?" E lui: "In via Spiga a Milano". "È stata bombardata". Perdemmo tutto. Ci salvò il lago di Garda, Morgnaga" (A. Mazza, Dalla Russia al lago di Garda, una vita tumultosa, «Giornale di Brescia», 12 aprile 1991, p. 3).
Nella casa, battezzata Villa Lilli dal nome con cui veniva chiamata in famiglia, vivono stabilmente fino al 1947. Sono gli anni in cui Šiltjan realizza alcuni dei suoi lavori più noti e, forse complice anche la situazione bellica, amplia notevolmente la sua collezione di quadri antichi. In questa attività anche Elena ha la sua parte: grazie ad una sua segnalazione (ella stessa ammette di aver sviluppato un certo occhio per la "buona pittura") Šiltjan acquisisce a un prezzo d'affare il Ciabattino di Antonio Cifrondi.
Nel 1947 gli Šiltjan tornano a vivere a Milano, e più tardi a Roma, continuando comunque a trascorrere le estati a Villa Lilli fino al 1985, anno della morte dell'artista.