Russi in Italia

Elena Sergeevna Poltorackaja Filippani


Luogo e data di nascita: Pietroburgo
Luogo e data di morte: Roma, dopo il 1933
Professione: nobile
Residenza: Roma, Via Goito, 56

Figlia di Elena Ivanovna Poltorackaja (Kent, 29 ottobre 1819-Roma, 18 marzo 1908), nobile di origini inglesi, e di Sergej Dmitrievič Poltorackij (1803-1884), ad oggi non si conoscono con esattezza le date di nascita e di morte. Giunge a Roma, assieme ai genitori, nel 1879 (Poltorackaja 1913). Sposa un erede della famiglia Filippani ma, rimasta vedova nel 1896, un controverso caso giudiziario la priva dei beni ereditati dal marito. Le traversie di quegli anni sono ripercorribili attraverso lettere e documenti raccolti da E. Poltorackaja in un libro (Rapports avec mon pays et l’Ambassade de mon pays à Rome en 34 ans 1879-1913, Rome Imprimerie «Italia» Rue Ripetta, 39, 1913), mirante all’ottenimento di un sostegno economico dalla madrepatria.

Statura media, figura snella, agile ed elegante; viso dolce e affabile inquadrato dalla barba bionda e dai lunghi baffi serici, grandi occhi grigio-chiari, dallo sguardo profondo, penetrante e magnetico […]. I tratti caratteristici di Nicola II, come sovrano e come uomo, sono la grande bontà, e l’amore della pace: circostanze impreviste l’obbligarono ad accettare la guerra col Giappone, che, non fortunata né popolare, offrì buon giuoco ai nemici interni dell’Impero; ma il suo prestigio personale non poté soffrirne perché la devozione che i suoi sudditi hanno per lui è troppo grande; Egli non è soltanto il monarca, è il “piccolo padre” – Batiouschka – del suo popolo. E veramente verso i sudditi mostra sollecitudine di padre e di sacerdote. La sua giornata trascorre metodica e laboriosa: la mattina di buon’ora comincia a lavorare nel suo studio; non ha segretari; legge personalmente tutti i rapporti, tutte le petizioni, perché vuole tutto saper da sé. Dopo il thè preso in famiglia, ed una passeggiata quotidiana nel parco Alessandro che circonda il palazzo di Tsarskoe-Selo, riceve i ministri che vengono l’uno dopo l’altro a portargli rapporti e discutere proposte […]. Anche nelle feste dei reggimenti, dopo la preghiera solenne, la rivista, e l’allocuzione, l’Imperatore ha l’abitudine di interrogare i soldati, ad uno ad uno, e quasi a voce bassa, per sapere come sono trattati nelle caserme, se sono nutriti bene, se gli ufficiali sono buoni con loro, se hanno da lamentarsi di nulla o se hanno nulla da chiedere [«Messaggero», 28 agosto 1916].

La campagna antibolscevica si fa particolarmente accesa tra il 1923 ed il 1924, anni in cui E. Poltorackaja si rivolge con fervore sia all’Unione dei fedeli alla memoria di Nicola II, sia al presidente del Gran Consiglio Monarchico russo. Così commenta l’interrogazione presentata al Senato nell’aprile del 1923:

«È stata presentata al Senato la seguente interrogazione: Al Ministro degli Esteri circa l’oltraggio alla dignità umana che deriverebbe dall’intervento degli assassini di Mosca alla prossima conferenza di Losanna. Firmato: Senatori Garofalo, Giardini, Melodia, Di Frasso, Campello, Sinibaldi.»
«Tardiva resipiscenza»: così fece lecito osservare ai suddetti signori Senatori chi scrive queste righe, rilevando, che «alla passata Conferenza di Genova gli “assassini di Mosca” intervennero. E nessuno ebbe a protestare contro “l’oltraggio”. […] Les affaires sont des affaires, non c’è che dire. Ma resta a constatare che in soli otto mesi – dall’aprile al dicembre del medesimo anno 1923 – l’interrogazione circa agli “assassini di Mosca” si è mutata in favore di una votazione preliminare in favore di essi in attesa del loro regolare riconoscimento […] Però al Senatore Guala è sembrato «una questione morale per l’Italia (sic) che, se pure ha interesse di fare un trattato commerciale con la Russia, non deve accettare come implicito il riconoscimento dell’attuale stato politico russo». In conclusione per salvare «la dignità umana» dall’«oltraggio», e, appunto, nell’«interesse del Paese», non sarebbe preferibile tirare un cordone morale (1) – anziché un velo – per preservare l’Italia e l’Europa dal contagio comunista dei Soviety per stringere accordi «di stima ed amicizia» con i Successori degli «assassini di Mosca», i quali sarebbero esautorati se fatti pereclitare e dal fatto stesso del loro coatto isolamento col mondo civile? Firmato: Filippani Poltoratsky, Roma, 26 gennaio 1924
(1) Come si fa per la peste, il colera, l’invasione dei barbari, ecc.».

Nel 1933 E. Poltorackaja incorre in un nuovo “incidente”, questa volta con le autorità italiane: al momento del rinnovo della carta d’identità viene identificata come “apolide”, vedendosi negata la nazionalità russa. Si appella, così, in una lunga e particolareggiata lettera, al principe Paolo Boncompagni Ludovisi, allora governatore di Roma:

Roma, Via Goito 56, 24 aprile 1933
Oggetto: “Carta d’identità”
A Sua Eccellenza
Il Governatore di Roma
Principe Boncompagni Ludovisi
Signor Principe,
deferentemente e caldamente appellomi più che al Governatore di Roma, al gentiluomo e patriota in una mia questione personale di onore e patrio amore che ritengo della competenza della V.E.
Trattasi di un dolorosissimo episodio riguarda alla Carta d’Identità rilasciatami nel 1933 diversamente a quella del 1928 a mio grave pregiudizio nazionale e morale. Nel 1928, salvo lieve errore di data (che non rammento) ma comunque alla prima applicazione di una Carta d’Identità stabilita per tutti i Cittadini del Regno – ed io, tanto per il mio stato matrimoniale che vedovile, sono suddita italiana e vedova d’italiano anche con acquisita cittadinanza (1) ininterrottamente vissuta in questa Roma da ormai mezzo secolo – nel 1928, dunque ebbi rilasciatami la Carta d’Identità qualificandomi russa, come difatti sono, di “nazionalità”. Nel 1933 essendo stato ordinato il Rinnovo della Carta d’Identità mi recai di nuovo al medesimo Ufficio IV di Ripartizione in Via S. Sabina N°97, sempre segnando sul mio biglietto di visita per norma degli Impiegati che la mia nazionalità era russa potendosi erroneamente confonderla con quella polacca, ambedue essendo sorelle slave. Ma dovetti provare con grande stupore vedendo che n’è l’una né l’altra qualifica figurava sulla non rinnovata bensì mutata Carta d’Identità che ricevetti il 31 marzo decorso (1) col N° 13440 di Rinnovo. Anzi! Nessuna qualifica in rubrica di “Nazionalità”. Non compresi la parola vergata al suo posto (2) ma a mia richiesta l’Impiegato mi spiegà che significava essere di “nessuna nazionalità”! Pur questa carta stessa rilasciatami m’identificava quale “Poltoratzky”. Idest col cognome di mio padre, e identificava pure il luogo di mia nascita “Pietroburgo”; identificazioni che valgono a testimoniare della mia provenienza nazionale nella Carta d’Identià medesima… Ma l’apolide rimaneva invece…Ebbi l’impressione di ricevere pubblicamente una scudisciata in faccia alla rispettabile età di Ottuagenaria onoratamente vissuta e conosciuta da ben mezzo secolo in questa stessa città di Roma. E se l’offesa – né posso concepire una più grave che negare ad un Individuo la propria Patria – fosse giustificata perché lo sarebbe soltanto nel 1933 quando non lo era nel 1928?... E se la prima volta nel 1928 l’Ufficio si fosse sbagliato non potrebbe invece essere in errore la seconda volta nel 1933?... L’una contradisce [sic] l’altra, comunque. E vede Vostra Eccellenza quanta confusione e contraddizione in Atti Pubblici possono sconvolgere persino al suo tramonto tutta una lunga vita di onorabilità. L’impiegato vedendo il mio sbigottimento cortesemente spiegò: “Noi non riconosciamo in Italia “la Russia” perché è cambiato il regime – (dal 1928 al 1933?!) – in Soviety e bolscevismo, ma, se vuole, possiamo iscriverla bolscevika”… Vostra Eccellenza, Principe, ben comprenderà che io non potevo entrare in una discussione e disquisizione politica allo spiraglio di uno sportello d’ufficio avendo alle spalle un pubblico ragionevolmente impaziente nell’aspettare il suo turno ad essere servito. Non poteva quindi domandare all’Impiegato in quale nazionalità egli qualificava i bolsceviki che sono, purtroppo, russi nati ma traviati, e traditori della patria come i disfattisti e fuorusciti italiani; russi tutti ad eccezione degli ebrei al Potere che allora prendono e portano nomi russi. Non poteva spiegare che la parola Soviet è la voce russa per “Consiglio”, e che bolsce-viki e mensce-viki significano i maggiori e minori del Partito. E, in sostanza, che invece della millenaria Monarchia russa esiste presentemente in Russia una repubblica di comunisti pur restando sempre il Paese “la Russia”. Mi limitai, quindi, ad un secco e reciso “No!” alla proposta di essre iscritta quale “bolscevika” (russa) anziché russa tout court, comprendendo di dovere andarmene ferita e dolente con in mano la sciagurata carta di non Identità nazionale, ma ciò soltanto per rimetterla al Governatore di Roma perché prendesse al riguardo una misura civile ed umana mettendo le cose al posto onde potessi essere lasciata morire in pace. Ma anche vivere perché la Carta d’Idendità serve per i miei piccoli affari ed interessi economici, ed è ovunque richiesta. Vostra Eccellenza può verificare da tutti i Documenti e Rapporti ufficiali della Patria russa sin dal 1879 (di cui unisco qui 12 allegate copie) che io vi sono considerata, trattata e stimata non solo come compatriota ma anche patriota (3), e che la Russia non mi ha mai abbandonata in questo pur cinquantennio vissuto fuori i suoi confini, e mi è costantemente venuta in aiuto materiale e morale nella mia rovina patrimoniale italiana. Anche prescindendo dalla imperitura riconoscenza che mi lega alla madre patria sin oltre la tomba, sta di fatto che io sono nata, vissuta (lontanamente e lungamente), e moritura russa, russa, russa! E russa specialmente a quest’era tragica che la Patria soffre, è sconfitta, calpestata, e isolata nel mondo! Il Fascismo che tanto esalta il patriotismo sarà il primo a darmi ragione e a rispettarlo in una concittadina della V.E. Perciò io credo, Principe, che Vostra Eccellenza potrà e vorrà dare ordine senz’altro all’Ufficio IV di Ripartizione di rifarmi la Carta d’Identità conforme alla precedente del 1928 per i seguenti motivi:
I. Perché quella del 1933 è in contrasto e contraddizione con la prima del 1928 rilasciatami dal medesimo Ufficio;
2. Perché è in contrasto e contraddizione con sé medesima iscrivendomi quale “Polstoratzky” di fu “Sergio”, nata a “Pietroburgo” essendo tutti questi termini o titoli di origine russa in tesi di Identità di Nazionalità. All’uopo permettomi rimettere nelle mani della Eccellenza Vostra le tre accluse fotografie con la ritornata Carta N° 13440 rifiutandomi mai e giammai di usare ed esibire una specifica infamante nullità di Nazionalità la quale, nascendo, è il primo bene e diritto umano nel breve spazio dell’umana esistenza, e ciò anche dopo aver portato questa nazionalità con onore e decoro per ben 85 rispettabili annni di cui 50 qui a Roma che vorrà continuarmi la sua ospitalità.
Con i sensi della più alta osservanza voglia, Principe, gradire i miei più rispettosi ossequi.
Elena Poltoratsky ved. Filippani
(1) Il ritardo di questa mia pratica verso la fine di aprile per una questione sorta in fine di marzo ha dipeso da una mia caduta sulla scala di casa che necessita cure e assoluto riposo per parecchi giorni.
(2) Apolide, parola greca
(3) E la voce patriota, patriottismo, implica, salvo errore, avere una nazionalità.

L’accorato appello viene accolto dal principe Boncompagni Ludovisi e, di lì a breve, la Poltorackaja vede accettate le sue richieste:

Roma, 6 maggio 1933
S.P.Q.R: Il Direttore della IV Ripartizione
Gentile Signora Contessa,
Per incarico da S.E. il Governatore La prego di voler passare per il mio Ufficio, Piazzetta Poli, 54, in una delle prossime mattine fra le ore 11-12., Sarà chiarito a voce l’equivoco in relazione alla certificazione della Sua cittadinanza (1) ed Ella potrà ritirare la Carta d’Identità modificata nei giusti termini.
Mi abbia con l’espressione del mio migliore ossequio,
Dev. Crispo
Alla Signora Contessa
Elena Poltoratzky Ved.Filippani
(1) Non trattasi, però, di cittadinanza, bensì di nazionalità.

È sepolta a Roma nel cimitero acattolico di Testaccio.

Nota
Nelle fonti s’incontra come Hélène Serguéevna Poltoratzky.

Pubblicazioni
Hélène Sergueevna Filippani Poltoratzky, Mes rapports avec mon pays et l’Ambassade de mon pays à Rome en 34 ans 1879-1913, Rome Imprimerie «Italia» Rue Ripetta, 39 1913 (copia del libro è conservata nell’archivio della biblioteca Gogol’).

Bibliografia
N. Ikonnikov, La Noblesse de Russie, Parigi 1960.
V. Gasperovič, M. Katin-Jarcev, M. Talalaj, A. Šumkov, Testaččo. Nekatoličeskoe kladbišče dlja inostrancev v Rime, SPb 2002.

Fonti archivistiche
Biblioteca Nazionale Centrale di Roma, Archivio della Biblioteca Gogol'.

Bianca Sulpasso



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