La sua pittura è un canto ininterrotto alla sua terra. Alla personale del 21 marzo 1942 alla Galleria A. Gazzo di Bergamo, tra le opere esposte si trovano Paesaggio ucraino, Villaggio ucraino, Nei Carpazi, Steppa ucraina, Kasak (danza ucraina), Ucraina: terra nera. La mostra è dedicata alla memoria dei familiari, vittime delle purghe staliniane. L'arte diventa così il luogo della memoria, come confida lo stesso pittore:
Dall'Ucraina, che ho dovuto abbandonare per l'irrefrenabile desiderio di spaziare gli occhi e lo spirito in un'atmosfera limpida di libertà, ho sempre vagato inseguendo un ideale unico: quello della mia arte. [...] E qui, in questa impareggiabile Italia, mi è caro sognare la mia terra lontana e la mia gente e con loro io parlo e vivo a mezzo della mia arte. Ogni mia tela è un ricordo della mia terra lontana, ogni mia espressione d'arte è anche un pensiero alla mia Patria (Ivan Kurach 1942).
Come cittadino italiano, combatte con la Divisione Torino durante il secondo conflitto mondiale. Partecipa alla Campagna di Russia, tornando così nei luoghi natali. Rientrato in Italia nel 1946 allestisce mostre dedicate all'esperienza bellica, a Trento (aprile 1946), presentando opere dedicate all'Ucraina (Kiev, Pasqua in Ucraina), alla recente esperienza bellica (Caos. Paesaggio di guerra), e a Roma (ottobre 1946). Nel maggio 1947 espone alla Galleria Barbaroux di Milano, e l'anno successivo nuovamente a Roma alla Galleria San Marco, a Genova alla Galleria Rotta e, nel dicembre, a Palermo alla galleria Garden.
Nel febbraio 1950 la Casa degli artisti di Milano ospita ancora una sua personale e nel dicembre dello stesso anno è a Brescia alla Galleria Vittoria.Nel 1953 parte per gli Stati Uniti e si stabilisce a New York fino al 1962, quando torna in Europa, per stabilirsi prima a Zurigo e poi a Monaco di Baviera, dove all'attività artistica affianca quella dell'insegnamento universitario. Da qui mantiene costanti rapporti con l’Italia, in particolare con il mondo artistico milanese. In particolare, al tema della guerra è dedicata la personale del 1964 alla Galleria "L’Indice" di Milano (espone Fame; Dolore muto; Cavalcata; Profugo; Ghetto; Don dicembre 1942; Abbandono) e quella dello stesso anno a Palazzo Barberini (Roma) intitolata "Il pittore e la guerra". Da segnalare l’introduzione al catalogo, di Albert Rheinwald del "Journal de Genève":
I motivi che hanno ispirato il pittore Kurach a consacrarsi alla terribile campagna russa non sono stati né i massacri, né le distruzioni, né la propaganda, né il desiderio di rappresentare una gloria splendente e falsa, ma un profondo senso dell’umanità, la comprensione dolorosa di una fatalità, che travolge l’uomo e i suoi fini, e la contemplazione della natura enigmatica e affascinante. I rapporti tra la grande pittura del Rinascimento e l’arte moderna producono degli effetti curiosi, ma Kurach riproduce una realtà che è in lui stesso, di un’originalità incontestabile.
La sua semplicità è ammirevole. Essa s’esprime con dei mezzi che convengono perfettamente a quanto egli vuole dire. In certi momenti lo si direbbe un asceta, tanto il suo linguaggio è ridotto all’essenziale, se non fosse per la potenza che emana dalla sua pittura e che rivela il suo amore profondo per l’arte e per il soggetto.
Più lo stile è scarno, più s’afferma un lirismo intenso. Su un fondo grigio, o appena marcato da qualche colpo di pennello, una, due figure a cavallo compaiono nell’immensità, faccia a faccia col loro destino. Basta qualche elemento per creare un’atmosfera indimenticabile. Nessun dettaglio, nessuna espressione nella figura dei personaggi, solo delle attitudini nettamente campeggianti sullo sfondo. […] Kurach è un esiliato. Egli ha sofferto dalla sua prima giovinezza. Si vedono in lui le pene di un paese martirizzato, marcato dal solco della guerra.
Le steppe interminabili esprimono forse la febbre del nomade, che cerca a perdita d’occhio altri nuovi orizzonti. Le forme immobili nelle vaste pianure innevate sembrano voler esprimere i moti di un’anima agitata. E quando gli esseri viventi si muovono, si direbbe ch’essi trovino la loro proiezione naturale nella figura umana.
Ivan Kurach, Red Mountains, gouache, 15x22 in.
http://roshkowskagalleries.com/kurach.html
Ivan Kurach, Gray Mountains, gouache, 14x19 in.
http://roshkowskagalleries.com/kurach.html