Si avvicina alla musica giovanissimo, studiando all’Istituto di belle arti (Institut izjašnych iskusstv) di Odessa; a sette anni esordisce come violinista, poi l’incontro con il maestro Anton Grigor’evič Rubinštejn lo convince a dedicarsi al pianoforte, che studia al Conservatorio di San Pietroburgo sotto la guida della virtuosa Sofija Osipovna Menter (1846-1918), allieva di Liszt.
Terminato il Conservatorio nel 1887, debutta ad Amburgo il 20 gennaio 1888 con il “Concerto n. 1 in si bemolle minore per pianoforte e orchestra” di Čajkovskij, dirige il compositore stesso. È il successo. Come ricorda lo stesso Čajkovskij: “Già alle prove, man mano che Sapel’nikov superava una dopo l’altra le incredibili difficoltà del mio concerto e mostrava tutta la forza e la qualità del suo enorme dono, il mio entusiasmo cresceva e – cosa ancor più piacevole – condividevano questo mio entusiasmo tutti i suonatori dell’orchestra. Singolari tratti del suo modo di suonare erano la non comune forza e bellezza del timbro, la tecnica straordinaria, la passione ispirata dell’esecuzione e al tempo stesso la strabiliante capacità di controllarsi, la musicalità, la compiutezza, l’assoluta sicurezza in se stesso”. Da quel momento Čajkovskij lo introduce nei circoli musicali più elitari d’Europa e nel 1893 gli dedica “Invitation au trepak op. 72” (talora tradotta “18 pezzi per pianoforte op. 72”).
Negli anni ’80 e ’90 numerose si susseguono le esibizioni in Europa (le più importanti a Lipsia, Berlino, Parigi e Londra) che confermano le sue doti, ottenendogli il riconoscimento internazionale: il compositore Edvard Grieg lo definisce un genio, anni dopo George Bernard Show, sentendolo suonare Chopin, scriverà entusiasta della delicatezza del suo tocco.
Nel 1897-1899 Sapel’nikov è invitato a ricoprire il posto di professore al Conservatorio di Mosca (tra i suoi allievi – Nikolaj Karlovič Metner), successivamente vive a lungo a Monaco. Gira per le capitali europee, facendo concerti, all’inizio del secolo è spesso a Londra: nel 1902 suona in prima mondiale il “Concerto per pianoforte e orchestra n. 2 in do minore op. 18” di Rachmaninov, esegue e fa conoscere la musica russa (Aleksandr Glazunov, Sergej Ljapunov).
Nel 1916 torna ad Odessa, ma nel 1922 abbandona definitivamente la Russia fuggendo in Germania attraverso la Polonia, risiede tra Lipsia e Monaco. Fino alla metà degli anni Trenta si dedica ad una intensa attività concertistica tra Germania e Italia, talora dirige anche l’orchestra. Nel suo repertorio prevale la musica romantica: oltre a Čajkovskij e Rachmaninov, Liszt, Grieg, Brahms, Chopin, Glazunov (delle sue esecuzioni si conservano alcune incisioni dei primi anni Venti).
Nel periodo dell’emigrazione si avvicina anche alla composizione e scrive l’opera Il Chan e suo figlio (Chan i ego syn) e alcuni pezzi per piano, tra cui lo studio La danza degli elfi (Tanec el’fov) che evocano le opere dei compositori pietroburghesi del circolo di Mitrofan Petrovič Beljaev.
Nell’arco della vita Sapel’nikov è stato spesso in Italia per l’attività concertistica, ma ha vissuto nel 1907 a Firenze, dove ha stretto rapporti con l’ambiente culturale e conosciuto D’Annunzio; nello stesso anno a Roma è stato esecutore e direttore d’orchestra dell’applaudito “Concerto n. 1 in si bemolle minore” di Čajkovskij all’Accademia Nazionale di Santa Cecilia ripreso anche l’anno successivo con Vittorio Gui direttore e Adriano Ariani al pianoforte.
Si conserva una sua lettera a D’Annunzio (9 ottobre 1930), in cui scrive dell’intenzione di trasferirsi a Milano e lo prega di metterlo in contatto con il mondo musicale italiano. Conclusa la carriera concertistica, trascorre i suoi ultimi anni a Sanremo.
Fonti archivistiche
Il Vittoriale degli Italiani, Gardone Riviera. Archivio generale.
Bibliografia
P.I. Čajkovskij, Dnevniki: biografija, red. T. Čugunova, M.: Naš dom; L'Age d’Homme, 2000.
Antonella d'Amelia
27 novembre 2020