Nasce in una patriarcale famiglia ebraica, studia all’Istituto d’arte di Kiev (Kievskoe chudožestvennoe učilišče), tra i suoi compagni di corso ci sono Aleksandr Archipenko, Aleksandra Ekster, Aristarch Lentulov. Alla fine del corso nel 1905 si reca con una borsa di studio a perfezionarsi a Monaco, fino al 1907 studia all’Accademia di Belle Arti di Monaco, dove dipinge soprattutto nature morte, paesaggi e la vita dei piccoli centri ebraici (Sinagoga cittadina, La città si risveglia, Gamma autunnale, La mia fredda patria).
Tra il 1910 e il 1915 gira l’Europa con lunghe soste in Italia, Svizzera, Inghilterra e Francia. Nell’ottobre 1910 è a Capri ospite di Maksim Gor’kij, di cui esegue il ritratto. Nel 1913 una sua personale è allestita nella prestigiosa galleria parigina del mercante Paul Durand-Ruel (1831-1922), sostenitore dei pittori impressionisti; della mostra scrivono sia i critici francesi che i russi, ad es. Anatolij Lunačarskij, allora a Parigi che plaude al giovane artista: “Giri per la mostra e ti rallegri del suo sole, dei suoi alberi ramificati, della coloritura vivida e dello ‘spirito russo’ della maggior parte dei suoi quadri <...> Manevič ci presenta il cielo, l’aria, la povertà e l’ampiezza, la tristezza e il sorriso della nostra natia natura” (A.V. Lunačarskij, Stat’i ob iskusstve, p. 427).
Rientrato in Russia, partecipa a diverse esposizioni (Kiev, Mosca, Pietrogrado), è membro della sezione moscovita della Società ebraica d’incoraggiamento delle arti (Evrejskoe obščestvo pooščrenija chudožestv), dal 1917 insegna pittura di paesaggio all’Accademia di belle arti di Kiev (un suo schizzo Il ghetto è comprato dall’Ermitage).
Successivamente alla morte del figlio durante la guerra civile (1919) e alla difficile situazione politica di Kiev, nel 1921 decide di emigrare con la famiglia: vive per qualche tempo a Varsavia, poi si trasferisce in America, a New-York. Qui dipinge paesaggi di periferia (la serie America prosaica, 1927) o di provincia, in cui l’alone nero della città industriale si affianca ai colori luminosi e solari delle piccole fattorie di campagna; tratto inconfondibile dei suoi paesaggi è una pennellata densa, pesante, marcata (non a caso David Burljuk lo definisce mago del colore). Le sue tele hanno molto successo, sue personali sono organizzate in varie città: a New-York (1922, 1924, 1925, 1927, 1932, 1936, 1941), Philadelphia (1923), Chicago (1926), Baltimora (1928), Boston (1934) e Toronto (1938).
Dopo la sua morte la figlia ha donato al Museo nazionale d’arte dell’Ucraina (Nacional’nyj chudožestvennyj muzej Ukrainy) di Kiev quarantotto sue opere.
Bibliografia
Луначарский А.В. Статьи об искусстве / Сост. И.А. Сац. М.: «Искусство», 1941.
Цвет и рифма (Нью-Йорк). 1963, № 53; 1964, № 55; 1965, № 60.
Горький и художники: Воспоминания. Переписка. Статьи / Сост. И.А. Бродский. М.: Искусство, 1964.
Американские художники из Российской империи: Альманах. Вып. 208. СПб., 2008.
Susak V. Ukrainian Artists in Paris. 1900–1939. Kyiv, 2010. P. 60–61.
Абрам Маневич / Сост. Алан Пензлер, Мими Гинзберг. Нью-Йорк, 2011.
Link
Лейкинд О.Л., Махров К.В., Северюхин Д.Я. Маневич Абрам Аншелович https://artrz.ru/1804785172.html
Nell'immagine: A.A. Manevič, Autoritratto (1924)
Antonella d'Amelia
20 gennaio 2021