Russi in Italia

Chiesa russa di Roma

Michail Talalay

La chiesa russa di Roma è la più antica tra le chiese russe in Italia. Su proposta del Collegio degli Affari Esteri, il 6 ottobre 1803 l'Imperatore Alessandro I firma il decreto per la creazione della "chiesa greco-russa" presso la missione diplomatica russa di Roma, ma le guerre napoleoniche rinviano il progetto della chiesa, che viene realizzato solo venti anni dopo la firma del decreto imperiale, nel 1823. La chiesa, ad un solo altare, intitolata a San Nicola Taumaturgo, ha la sua collocazione nello stesso edificio dell'ambasciata, in Via del Corso, 518. Per tutto il secolo la chiesa "migra" da un palazzo all'altro: nel 1828 a Palazzo Odescalchi in Piazza Santissimi Apostoli, dal 1836 al 1845 a Palazzo Doria Pamphili in Piazza Navona, dal 1845 a Palazzo Giustiniani vicino al Pantheon, dal 1901 a Palazzo Menotti in Piazza Cavour, dal 1932 a Palazzo Czernycheff in Via Palestro, 71.
Come tutte le chiese all'estero, anche quella di Roma è ascritta all'eparchia di San Pietroburgo, ma per molti aspetti, soprattutto quello materiale, dipende dal Ministero degli Affari Esteri ed è denominata "dell'ambasciata". Ne sono stati rettori sacerdoti scelti tra monaci che avevano la dignità di archimandrita.
All'archimandrita Kliment, approdato a Roma nel 1898, appartiene l‘iniziativa della costruzione di una chiesa russa nella «capitale del cattolicesimo romano»; fin dall'inizio del proprio rettorato l'archimandrita insiste sulla «necessità che ci sia una chiesa ortodossa corrispondente alla dignità dell'Ortodossia ed alla grandezza della Patria». Già nel 1898 si dà inizio alla raccolta dei fondi, che nel 1900 è ufficialmente permessa dall'Imperatore Nicola II, il quale contribuisce con "l'obolo dello zar", nella misura di diecimila rubli. Per la raccolta l'archimandrita Kliment si reca perfino a Mosca, dove riceve denaro dai granduchi Sergej Aleksandrovič e Michail Nikolaevič, dagli industriali moscoviti e dagli imprenditori siberiani: in totale sono raccolte 265.000 lire italiane. Il conte L. A. Bobrinskij (morto nel 1915) promette di donare per la costruzione della chiesa il proprio palazzo con giardino nel centro di Roma, Villa Malta.
Purtroppo il nuovo rettore designato nel 1902, l'archimandrita Vladimir (Vsevolod Putjata), segue una diversa linea di comportamento: mette  in dubbio il valore della proprietà del conte Bobrinskij (Villa Malta passa così agli eredi di Bobrinskij e in seguito ai padri gesuiti) e propone di individuare un altro spazio per la chiesa; nonostante ciò l‘opera va avanti e nel 1906 è formato il Comitato di fabbriceria, del quale entrano a far parte i diplomatici russi in Italia, i membri della Colonia russa e l'archimandrita Vladimir.
Dal 1914 al 1916 regge la chiesa l'archimandrita Filipp, il quale riforma la composizione del Comitato di fabbriceria, guidato ora dal principe S. S. Abamelek-Lazarev, che impone un altro architetto, Vincenzo Moraldi. A nome dell'ambasciata russa viene acquistata un'area sulla riva del Tevere, vicino al Ponte Margherita (Lungotevere Arnaldo da Brescia). La morte nel 1916 di Abamelek Lazarev e gli eventi rivoluzionari in Russia pongono fine alla costruzione della chiesa: nel 1924 l'ambasciata sovietica s‘impossessa dell'appezzamento di terreno, che è in seguito venduto.
Un nuovo periodo della storia della chiesa russa è collegato con la designazione a Roma nel 1916 dell'archimandrita Simeon (Sergej Grigor'evič Narbekov), che qui vive per quasi mezzo secolo (morto nel 1969, riposa al cimitero del Testaccio). Nella primavera 1921 egli fonda la parrocchia di Roma ed organizza il Consiglio parrocchiale, del quale entrano a far parte cento membri effettivi, con a capo l'ex console generale Georgij Zabello. In questo modo la chiesa privata presso l'ambasciata russa (poi sovietica) diviene indipendente. Un ulteriore passo decisivo è il riconoscimento della parrocchia come Ente Morale, con decreto reale del 14 novembre 1929 e il suo trasferimento in Via Palestro, 71 nel Palazzo Czernycheff della principessa M.A. Černyševa, morta nel 1919, che aveva fatto lascito alla chiesa russa del proprio palazzo già nel 1897; per complicazioni di ordine giuridico la parrocchia entra in possesso dell'eredità solo nel 1931, e il 10 aprile 1932 la chiesa viene consacrata con gli arredi, portati da Palazzo Menotti.
Intanto il progetto di costruzione di una nuova chiesa viene seguito dall'architetto principe V. A. Volkonskij e dall'ingegner F. Poggi; per il suo allestimento sono di grande aiuto la principessa Sofija Nikolaevna Barjatinskaja (in memoria del marito Viktor Barjatinskij), la principessa Sofija Viktorovna Gagarina (in memoria dei genitori defunti) ed anche la regina d'Italia Elena di Savoia.
Nel periodo postrivoluzionario la comunità russa è molto aiutata dalla principessa M.P. Demidova, che vive tra Pratolino e la Villa Abamelek a Roma (oggi residenza dell'ambasciatore russo). La principessa provvede al sostentamento del parroco e di alcuni parrocchiani, per cui nel 1921 riceve il titolo onorifico di "patrona della chiesa". Un  aiuto materiale è prestato anche dalle ambasciate serba e bulgara.
La Seconda Guerra Mondiale porta in Italia moltissimi ex-deportati; la vita della chiesa è ravvivata anche dalla presenza degli ortodossi presenti tra le truppe degli Alleati. Negli anni ‘50 e ‘60 la parrocchia di Roma dà la propria assistenza anche al campo profughi di Latina. Oggi la comunità è tornata sotto la giurisdizione della Chiesa Russa (Patriarcato di Mosca).
Dopo la disgregazione dell'URSS è stata progettata e realizzata all'interno del parco di Villa Abamelek una nuova chiesa ortodossa di Roma: la Chiesa di S. Caterina martire (nella foto), inaugurata nel 2009.

Fonti e bibliografia
Archivio della chiesa russa di Roma (libri d'archivio, verbali delle assemblee, corrispondenza, ecc.).
Fondi sinodali dell'Archivio Russo Storico di Stato.
Rev. A. P. Mal'cev, Le chiese ortodosse e le istituzioni russe all'estero, Berlino, 1906 (in russo).
Le chiese ortodosse russe in Europa occidentale, «Bollettino dell'eparchia di Tula», N°N° 35-37, 1907 (in russo).




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